Pro-Hamas ma non pro-Hezbollah, la Turchia non versa lacrime su Nasrallah

Pro-Hamas ma non pro-Hezbollah, la Turchia non versa lacrime su Nasrallah
Pro-Hamas ma non pro-Hezbollah, la Turchia non versa lacrime su Nasrallah
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Critica virulenta delle operazioni israeliane a Gaza, la Turchia sunnita è rimasta molto misurata dall’inizio degli attacchi israeliani in Libano contro gli Hezbollah sciiti e dalla morte del suo leader, Hassan Nasrallah.

Per gli analisti intervistati dall’AFP, questa insolita moderazione tradisce, dietro la cautela, una discreta soddisfazione nel vedere Teheran e i suoi ausiliari indeboliti nella regione.

Il presidente Recep Tayyip Erdogan, preoccupato che “il Libano e il popolo libanese siano presi di mira dalla politica di genocidio, occupazione e invasione portata avanti da Israele a partire dal 7 ottobre”, data dell’attacco di Hamas contro il sud di Israele, non ha detto una parola sull’azione di Hezbollah perdite.

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Solo il suo ministro degli Esteri Hakan Fidan, altrettanto virulento, rivelando di aver incontrato Nasrallah poco dopo l’inizio della guerra a Gaza, ha parlato di “una figura importante per la regione, soprattutto per il Libano, il cui vuoto sarà difficile da colmare”.

Perché Ankara non dimentica il ruolo svolto dalle milizie sciite libanesi e dall’Iran nel salvare il regime siriano di Bashar al-Assad, né il caos che questa guerra ha creato alle sue porte, gettando sul suo territorio milioni di profughi.

Questo è anche il motivo per cui il presidente Erdogan sta cercando di riconnettersi con Bashar al-Assad.

Erdogan ha ripetutamente espresso il suo forte sostegno ad Hamas e ha insistito sul fatto che non è un’organizzazione terroristica. Ha ripetutamente accusato Israele di essere coinvolto in un “genocidio” dei palestinesi di Gaza in stile nazista e ha definito il primo ministro Benjamin Netanyahu un criminale di guerra.

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan durante una manifestazione filo-palestinese a Istanbul, il 18 maggio 2018 (Credit: AFP Photo/Ozan Kose)

Gli analisti affermano che la simpatia della Turchia per i palestinesi – che, come Erdogan, sono musulmani sunniti – non si estende al sostegno all’Iran, a Hezbollah e agli altri loro alleati sciiti nella regione, come gli Houthi nello Yemen e le fazioni in Iraq.

“La Turchia e Hezbollah non sono sulla stessa linea a livello regionale, soprattutto in Siria, dove quest’ultimo ha sostenuto il regime ed è stato complice dei crimini di guerra di Assad”, osserva Özgür Ünlühisarcikli, del Fondo Marshall tedesco.

“Anche se le opinioni in Turchia sono divise, le perdite di Hezbollah sono chiaramente meno preoccupanti di quelle di Hamas”.

Per Gönul Tol, direttore turco del Middle East Institute di Washington, “solo una minoranza di islamisti” in Turchia deplora “l’indebolimento dell’asse della resistenza” a Israele, promosso dall’Iran e dai suoi compari nella regione (Hezbollah, fazioni sciite in Iraq e gli Houthi nello Yemen), anche se la maggioranza dei turchi è apertamente filo-palestinese.

Anche se ancora difficile da misurare, “il prolungato indebolimento dell’Iran e dei suoi alleati sciiti rafforzerebbe la posizione dominante della Turchia in almeno due teatri, Iraq e Siria”, continua.

“Attore sunnita”

Perché anche se Erdogan preferisce presentarsi come “leader del mondo musulmano”, “dalla guerra in Siria, la Turchia è emersa come attore sunnita di fatto nella regione”, con i suoi 85 milioni di abitanti, di fronte all’Iran sciita, sottolinea. Ancora.

“La decapitazione di Hezbollah porta a ridurre l’influenza del principale rivale della Turchia nella regione e di questo non se ne pentirà”, conferma Asli Aydintasbas, specialista della Turchia presso la Brookings Institution.

“Ma Ankara è cauta in queste azioni e commenti. I rapporti con l’Iran restano delicati. E la Turchia è visibilmente preoccupata per un’escalation regionale e una guerra totale tra Iran e Israele da cui farà di tutto per stare lontana”, aggiunge.

Per Sinan Ciddi, ricercatore associato presso la Foundation for Democracy (FFD) di Washington, “Erdogan sta invece cercando un più ampio ruolo di coordinamento post-conflitto a Gaza, per la Turchia e l’Egitto, due Stati sunniti, come negli accordi di pace”. sicurezza e per la ricostruzione” del territorio palestinese.

Questa foto scattata e diffusa dal servizio stampa della presidenza turca il 4 settembre 2024 mostra il presidente turco Recep Tayyip Erdogan (a sinistra) accompagnato dal presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi (a destra) al suo arrivo al complesso presidenziale durante un benvenuto ufficiale cerimonia ad Ankara. (Dispensa/Servizio stampa presidenziale turco/AFP)

Di qui la recente visita, all’inizio di settembre, del presidente Abdel Fattah al-Sissi ad Ankara, trattato cinque anni fa dal presidente turco come un “tiranno” e un “assassino”.

La Turchia, membro della NATO, ha continuato a condannare le operazioni israeliane a Gaza lanciate in rappresaglia all’attacco di Hamas del 7 ottobre. Ha sospeso il commercio con Israele e si è unita al procedimento per genocidio contro Israele avviato dal Sud Africa davanti alla Corte internazionale di giustizia.

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