ciò che i sondaggi non avevano visto nelle elezioni precedenti

ciò che i sondaggi non avevano visto nelle elezioni precedenti
ciò che i sondaggi non avevano visto nelle elezioni precedenti
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Onnipresenti durante le campagne elettorali, i sondaggi d’opinione vengono spesso additati per alcuni dei loro fallimenti.

“Non credo ai sondaggi. Credo nelle elezioni”, ha detto giovedì Emmanuel Macron durante la sua intervista al notiziario “20H”. Segno che tra leader politici e sondaggi i rapporti sono altalenanti, per non dire tossici. Gli specialisti lo ripetono spesso: un sondaggio è solo un’istantanea dell’opinione in un dato momento, che non prevede il risultato finale di un’elezione. Tuttavia, attori e osservatori esaminano costantemente questi preziosi indicatori, brandendoli quando sono positivi o criticando le loro approssimazioni altrimenti. Al punto da sviluppare, nei periodi di campagna elettorale, quella che alcuni non esitano a definire una dipendenza: una sorta di dipendenza dai “lanci” quotidiani, come quello che Le Figaro e Ifop-Fiducial hanno pubblicato in questi ultimi due mesi, in collaborazione con LCI e Sud Radio.

In un incontro tenutosi a Marsiglia il 23 maggio, Jean-Luc Mélenchon – che ha soprannominato l’istituto Ifop “Opif” – è arrivato addirittura a minacciare di “presentare una denuncia per scoprire perché le persone che così spesso sbagliano hanno il diritto di continuare a bluffare con tutti”. Le dinamiche della lista LFI osservate in dirittura d’arrivo sono state poi sufficienti a calmare gli attacchi del capo Insoumis. Ma resta il fatto che, nella storia delle elezioni europee, le indagini talvolta non sono riuscite a prevedere l’arrivo di diversi eventi politici significativi.

2019, spinta per i Verdi, duro colpo per LR

Colpita dalla crisi dei “gilet gialli”, la campagna 2019 ha visto l’incrocio tra il Rally Nazionale e La République en Marche (ex Renaissance). Il partito nazionalista era passato dal 17% di metà 2018 al 24% di fine anno, nel pieno della crisi; dove LREM aveva perso quasi 10 punti, passando dal 27% al 18% nello stesso periodo. Infine, a poche settimane dalle elezioni del 26 maggio 2019, gli istituti punteranno a collocare il RN tra il 23 e il 25,5% delle intenzioni di voto – finirà al 23,33% -, e accreditare LREM tra il 22% e il 23%, per al traguardo un punteggio del 22,41%.

Quell’anno la sorpresa arrivò proprio da metà tavola. I Verdi, a lungo al quarto posto con circa l’8%, hanno realizzato uno sfondamento di oltre 5 punti, chiudendo sul terzo gradino del podio con il 13,48% dei voti. A differenza di François-Xavier Bellamy e dei repubblicani, accreditati del 13,5% a due giorni dal voto, finiti infine in quarta posizione con l’8,48%. “Il 2019 è un’elezione con non poche sorprese. Ciò si spiegherà con la forte mobilitazione dei giovani. Ci sono stati fattori contestuali, in particolare le marce per il clima. spiega Hugo Lasserre, ricercatore senior dell’Ifop. Quanto a François-Xavier Bellamy, il sondaggista spiega la sua caduta di a “Spostamento elettorale, in particolare verso le macronie dove, all’uscita dei “gilet gialli”, Emmanuel Macron ha incarnato il ritorno all’ordine”.

2009, riequilibrio a sorpresa a sinistra

La fotografia iniziale era lontana dal dipinto finale. Un mese prima delle elezioni del 2009, Ifop e Ipsos collocavano in testa l’UMP di Nicolas Sarkozy, con una percentuale compresa tra il 26% e il 27% dei voti. Un buon secondo posto, il Partito Socialista è dato tra il 21% e il 23%. Ancora una volta, gli ambientalisti sono in difficoltà, attorno all’8%, davanti ai centristi di François Bayrou, terzi con il 13,5% dei voti stimati.

Se alla fine l’UMP vincesse con un ampio margine, con il 27,88% dei voti, sarebbe una doccia fredda per i socialisti. Una settimana prima del voto, ai socialdemocratici veniva ancora attribuito tra il 18% e il 21% dei voti, scendendo infine al 16,48%. A differenza degli ecologisti, il cui “ritorno” ha permesso loro di seguire il PS al 16,28%. Nei giorni scorsi alcuni istituti avevano comunque anticipato la dinamica, con l’Ipsos che aveva loro accreditato il gong, il giorno prima dell’elezione del 16,5% dei voti. Il MoDem ha vissuto una traiettoria diametralmente opposta, crollando in dirittura d’arrivo all’8,46%. “Questa volta si è verificato un effetto Cohn-Bendit. spiega Hugo Lasserre, secondo il quale “le elezioni europee sono anche un voto liberatorio, dove ci si può divertire”. Se crede che il 2019 e il 2009 siano “le sorprese più grandi» vissuto dalle elezioni europee, il sondaggista cita anche le elezioni del 1984 che vedranno un “svolta storica» di Jean-Marie Le Pen con più del 10% dei voti.

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