Burnout professionale dei caregiver: “Il mondo della sanità è cambiato, il Covid è stato solo un acceleratore”

Burnout professionale dei caregiver: “Il mondo della sanità è cambiato, il Covid è stato solo un acceleratore”
Burnout professionale dei caregiver: “Il mondo della sanità è cambiato, il Covid è stato solo un acceleratore”
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l’essenziale
Il professor Fabrice Hérin, capo del dipartimento di patologie professionali e ambientali dell’Ospedale universitario di Tolosa, ha guidato il progetto del Centro per la prevenzione del burnout professionale degli operatori sanitari (PEPS). A un anno dalla sua apertura, redige il suo primo bilancio.

Che bilancio trai dopo il primo anno di attività del Centro per la prevenzione del burnout professionale?

Abbiamo ricevuto 207 persone dal 1È Maggio 2023, di cui l’86% sono donne ma è logico, l’ambiente sanitario è molto femminilizzato. In un anno abbiamo visto ampliarsi il profilo dei pazienti con una quota significativa di dipendenti di cliniche private (31%) e di lavoratori autonomi in aumento (7%). La sorpresa arriva dall’età media delle persone assistite, 41 anni, quando gli studi tendono a mostrare l’esaurimento a fine carriera. Abbiamo tante badanti di età compresa tra i 25 ed i 35 anni, alcune esercitano la loro professione solo da pochi anni.

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Come spiegarlo? L’epidemia di Covid-19 è stata un fattore scatenante?

Il Covid è stato solo un acceleratore. Siamo di fronte a qualcosa di più ancorato. Il mondo della cura è cambiato, con più interruzioni nei compiti e richieste permanenti (telefono, email), e molti più compiti amministrativi: i caregiver non avevano immaginato il loro lavoro così e quando mancano le risorse, richiamano che non si stanno occupando lattine ma con esseri umani. Quando ci confrontiamo con la morte, con il dolore delle famiglie, quando pensiamo di poter fare meglio, il fatalismo non è più accettabile. Anche il rapporto con il lavoro è cambiato: nonostante il grande impegno, la vita personale è sempre più prioritaria, il che causa conflitti generazionali o conflitti di valori. E quando si verifica un evento nella vita personale, spesso rappresenta il punto di svolta, la fonte del collasso.

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Le vostre proposte di sostegno sono sufficienti?

La domanda sta esplodendo e le nostre risorse sono limitate, attualmente c’è un’attesa di 40 giorni per ottenere un appuntamento nel sistema PEPS, questa è la principale critica mossa a questo rapporto. Notiamo anche un aumento della durata delle cure, tra i 4 e i 6 mesi, anche quando si cerca di intervenire precocemente. Sul tavolo la questione dell’istituzione del ricovero diurno entro la fine dell’anno, per un’assistenza più completa, con l’obiettivo di non superare la soglia dei sei mesi di interruzione del lavoro per facilitare il rientro. Rispondiamo a un bisogno ma ci manca anche la forza nella prevenzione primaria, per evitare che si verifichi il burnout professionale.

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