Ciad: presta giuramento Mamahat Déby, l’ex capo della giunta eletto presidente | TV5MONDE

Ciad: presta giuramento Mamahat Déby, l’ex capo della giunta eletto presidente | TV5MONDE
Ciad: presta giuramento Mamahat Déby, l’ex capo della giunta eletto presidente | TV5MONDE
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Il generale Mahamat Idriss Déby Itno, da tre anni capo della giunta militare in Ciad, presterà giuramento giovedì come presidente eletto il 6 maggio con una votazione contestata dall’opposizione.

La sua elezione, ritenuta poco “credibile” dalle ONG internazionali, con il 61% dei voti, mette fine a una transizione all’inizio della quale è stato proclamato, il 20 aprile 2021, capo di Stato da una giunta militare nel la morte di suo padre Idriss Déby Itno. Il maresciallo Déby era appena stato ucciso dai ribelli mentre si recava al fronte, dopo aver governato il Ciad con il pugno di ferro per più di 30 anni.

“Dinastia Deby”

L’insediamento di questo generale quarantenne a N’Djamena segna anche la fine di una transizione segnata dalla repressione feroce, talvolta sanguinosa, di un’opposizione che chiede la fine della “dinastia Déby”.

L’ex avversario Succès Masra, che Mahamat Déby aveva nominato primo ministro quattro mesi fa, aveva creduto – o aveva affermato di credere – di illudersi con una candidatura rivale definita “falsa pretesa” dal resto dell’opposizione, che accusava di voler dare una “verniciatura democratica” a uno “schedo programmato”.

Masra, anche lui 40enne, ha ricevuto solo il 18,54% dei voti, ma ha rivendicato la vittoria, prima di fare un tentativo di pacificazione dopo il rigetto del suo appello da parte del Consiglio costituzionale il 16 maggio e invitando i suoi sostenitori a “continuare la lotta politica (. ..) pacificamente”.

Adoube

Mercoledì ha infine presentato le sue dimissioni, “in conformità” a quanto prevede “la Costituzione” dopo l’elezione di un nuovo presidente.

La cerimonia di insediamento dell’uomo forte del Ciad sarà l’occasione, misurando il numero dei capi di Stato presenti, per vedere se la comunità internazionale sostiene ancora quello che aveva soprannominato senza esitazione nel 2021, mentre diffamava e sanzionava ovunque i soldati golpisti altro in Africa.

Non conosciamo ancora i nomi dei capi di Stato che saranno presenti, ma il presidente francese Emmanuel Macron, l’unico occidentale ad essersi recato a N’Djamena nel 2021 per rendere omaggio al defunto maresciallo Déby davanti al figlio successore , ha inviato all’inaugurazione il suo ministro delegato, responsabile in particolare del Commercio Estero e della Francofonia, Franck Riester, secondo Parigi.

Macron è anche uno dei rari leader occidentali ad essersi congratulato con Mahamat Déby per la sua elezione.

Il Ciad, uno dei paesi più poveri del mondo, è considerato, grazie al suo potente esercito, il pilastro regionale della guerra contro gli jihadisti nel Sahel. Parigi vi mantiene un migliaio dei suoi soldati, altrove espulsi dal Mali, dal Burkina Faso e dal Niger a beneficio della Russia e dei suoi paramilitari o mercenari.

Mercoledì gli osservatori esamineranno il livello di rappresentanza della delegazione di Mosca. Il presidente russo Vladimir Putin è stato uno dei primi a congratularsi con il suo omologo ciadiano per la sua elezione.

“Non democratico”

In sintonia con l’opposizione che chiedeva il boicottaggio, le ONG internazionali, come la Federazione internazionale per i diritti umani (FIDH), hanno criticato un’elezione “né credibile, né libera, né democratica”, “in un contesto deleterio segnato da (. ..) la moltiplicazione delle violazioni dei diritti umani”.

La giunta reprime violentemente ogni opposizione da tre anni e ha escluso dal voto i rivali più pericolosi del generale Déby, in un paese segnato, fin dalla sua indipendenza dalla Francia nel 1960, da colpi di stato, regimi autoritari e assalti regolari di una moltitudine delle ribellioni.

Il 20 ottobre 2022, almeno 300 giovani che manifestavano contro il mantenimento della giunta sono stati uccisi a colpi di arma da fuoco da militari e polizia, secondo ONG nazionali e internazionali. Una cinquantina ne riconobbe il potere. E più di mille i deportati per un mese in una sinistra colonia penale in mezzo al deserto, alcuni dei quali sono stati “giustiziati” lungo il percorso o torturati, secondo le stesse ong e l’opposizione.

Due mesi prima delle elezioni, Yaya Dillo, cugino di Mahamat Déby e suo più accanito rivale alle elezioni presidenziali, è stato ucciso dai soldati durante l’assalto alla sede del suo partito. “Assassinato” con una “proiettile a bruciapelo in testa”, secondo il suo partito. Da allora i paesi occidentali e le ONG hanno chiesto invano un’indagine indipendente.

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