“Il Fiore di Buriti”, “Linea di confine”, “Il dipinto rubato”, “Anche se vai sulla Luna”…

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LA LISTA DEL MATTINO

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Alex Lutz in “Il dipinto rubato”, un film di Pascal Bonitzer. PIRAMIDE DISTRIBUTIVA

La settimana si preannuncia ricca di un’ampia varietà di generi: Il Fiore di Buriti offre un sontuoso viaggio in Amazzonia, Borderline ci porta in un aeroporto di New York, Il dipinto rubato naviga nelle acque agitate del mercato dell’arte, Anche se vai sulla Luna segue in Francia la notizia dell’esilio da parte di quattro siriani…

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“Il Fiore di Buriti”: paradiso amazzonico

Attenzione, zona di piena bellezza. Dal gesto (una finzione condivisa con un popolo di nativi americani), dal paesaggio (il fragile e rigoglioso paradiso amazzonico), dal cinema (nella sua primitiva funzione di svelatore di mondi). Dopo La canzone della foresta (2018), una piccola meraviglia girata con la collaborazione del popolo Kraho, del villaggio di Pedra Blanca, la brasiliana Renée Nader Messora e il portoghese Joao Salaviza firmano un’opera che irrompe in tutte le direzioni, sconvolgendo le epoche, mescolando il qui il basso e l’aldilà, mescolando il tellurico e il cosmico, la lotta politica e lo spirito dei sognatori, le grandi gesta della nazione e gli incubi di un bambino. Diciamo, per venire al dunque, che i personaggi principali sarebbero quattro, attorno ai quali il film distribuisce tre temporalità distinte. Un film che si preoccupa, insomma, meno di andare avanti che di scavare, abbandonando l’orizzontalità del racconto in favore di una verticalità che lega le radici terrene e la comunione con le sfere celesti. J.Ma.

Film brasiliano e portoghese di Renée Nader Messora e Joao Salaviza. Con Ilda Patpro Kraho, Francisco Hyjno Kraho, Solane Tehtikwyj Kraho, Luzia Cruwakwyj Kraho, Raene Koto Kraho, Débora Sodré (2:03).

“Border Line”: sudori freddi in aeroporto

Questo primo lungometraggio di due registi venezuelani trasuda – nel senso migliore del termine – il cinema americano degli anni ’70, che faceva parte della controcultura, rifiutava di vendere sogni e denunciava le ingiustizie – pensiamo a Un pomeriggio da cani (1975), di Sidney Lumet, con Al Pacino nei panni di un rapinatore di banche che perde il controllo, tra i dipendenti presi in ostaggio. Borderline (Gran Premio della giuria al festival Premiers Plans di Angers) ci mette a terra, anche nel seminterrato, accanto a una coppia di Barcellona: i candidati all’immigrazione negli Stati Uniti, Elena, spagnola, e Diego, venezuelano, sperimenteranno qualche ora di angoscia ai piani bassi di un aeroporto vicino a New York. Smartphone e computer vengono sequestrati: in cinque minuti gli agenti del controllo di frontiera apprendono di più sul passato di Diego che della sua compagna dopo diversi anni di convivenza. Quest’opera precisa colpisce per la sua estrema precisione e la giusta dose di intimidazione psicologica. Cl.F.

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