La traviata | Talise Trevigne, Traviata nata all’Opera di Montreal

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L’Opera di Montreal, che ha aperto la sua stagione con il luminoso Nozze di Figarolo conclude in lacrime con Il viaggio. Questa nuova produzione ha avuto un grande e meritato successo per la sua prima assoluta sabato sera alla Salle Wilfrid-Pelletier.


Inserito alle 22:09

È un altro di quegli spettacoli rinviati non sappiamo quante volte a causa della pandemia. Coprodotto con i teatri d’opera di Winnipeg, Edmonton, Victoria e Vancouver, this Traviata diretto da Alain Gauthier ci teletrasporta nel mondo del jazz parigino degli anni ’20, segnato in particolare dalla figura di Joséphine Baker.

Questa trasposizione è lungi dal fare violenza all’opera (l’unica piccola eccezione è la menzione del “luigi” alla fine). Dal cestino, dove ci trovavamo, notiamo alcuni accessori (il copricapo di piume di Violeta nel primo atto, uno specchio circondato da lampadine nell’ultimo atto…) che evocano un’epoca più recente. Ma nel complesso, in termini di estetica visiva, non siamo lontani anni luce dalla Parigi di Marie Duplessis, la vera Signora delle Camelie che Alexandre Dumas figlio frequentò a metà del XIX secolo.e secolo.

Perché l’allestimento del palco è impressionante! – di Christina Poddubiuk ci trasporta costantemente nella stessa residenza borghese parigina dove svetta una scalinata monumentale Viale del Crepuscolo. Bastano le sapienti luci di Kevin Lamotte (quell’azzurro della prima scena dell’Atto II!) e l’alternanza tra persiane chiuse o aperte e tende cremisi per farci cambiare mondo.

Per quanto riguarda i diversi cantanti, è Talise Trevigne a rubare la scena nel ruolo della protagonista. Anche se gli acuti sono forse a volte troppo sobri, il soprano americano si distingue per la sua interpretazione impegnata e ricca di sfumature della tubercolosi. Il suo “Addio, del passato” era semplicemente commovente.

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FOTO VIVIEN GAUMAND, FORNITA DALLA PRODUZIONE

La messa in scena teletrasporta il pubblico nel mondo del jazz parigino degli anni ’20.

Più difficile parlare di Alfredo di Antoine Bélanger, chiamato con pochi giorni di preavviso a sostituire il kosovaro Rame Lahaj. Se il tenore del Quebec avesse offerto una performance onorevole qualche settimana fa Enigma al Théâtre Maisonneuve, è tutta un’altra cosa, in termini di influenza vocale e scenica, cantare l’opera italiana in una sala due volte più grande.

Bélanger privilegia una resa vocale morbida, che può essere una qualità in certi repertori, ma meno in Verdi, dove ci si aspetta un tocco di insolenza vocale, soprattutto negli acuti (cabalette difficile nel secondo atto).

Giorgio Germont di James Westman è di natura completamente diversa. Se ci avesse spaventato entrando con un canto esagerato in maschera, il baritono dell’Ontario avrebbe poi cantato di prim’ordine.

I ruoli minori sono andati tutti bene, in particolare quello del Marchese d’Obigny, dalla bella voce, del giovane baritono Geoffrey Schellenberg.

Questa Traviata segnò anche il ritorno a Montreal del direttore d’orchestra Jordan de Souza, che si affermò con autorità in platea con l’Orchestre Métropolitain. Il suo approccio alla partitura può occasionalmente dar luogo a discussioni (le arie di Alfredo e Germont sono abbastanza veloci e l’introduzione al primo atto sorprendentemente lenta), ma è sempre personale e incarnato.

In conclusione, questo Traviata è lo spettacolo archetipico che funziona bene e soddisfa sia i clienti abituali che i principianti.

Lo spettacolo si ripete il 7, 9, 12 e 14 maggio alla Salle Wilfrid-Pelletier di Place des Arts.

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