È morto Bernard Pivot, giornalista, ideatore di “Apostrophes”.

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Bernard Pivot, allora presidente della giuria della società letteraria dell’Académie Goncourt, a Lione, il 3 marzo 2016. JEFF PACHOUD/AFP

La Repubblica delle Lettere ha appena perso, per la seconda volta, il suo “Re della Lettura”. Già nel 2001 lo storico Pierre Nora descriveva l’uscita di Bernard Pivot dalla televisione come ” Lutto nazionale “. Dopo ventotto anni che chiamiamo scrittori, artisti, politici, atleti o chef stellati, questo “grattacapo”, come amava definirsi, chiudeva le virgolette di un’epoca. Quello in cui i “brodi di coltura” bolliti senza preparazione potevano essere gustati durante l’orario di lavoro; dove l’arte di trasmettere non veniva del tutto confusa con la promozione e dove l’Audimatity non si affermava come diktat.

A 65 anni, però, l’uomo del “Dico d’or” era ben lungi dall’aver detto la sua ultima parola. Per questo illuminato amante del vino, del buon cibo e del calcio inizia una seconda vita all’insegna della lettura e della scrittura. O meglio, una seconda giovinezza per questo tuttofare. Oltre ai suoi ricordi e alle sue passioni che racconterà in una ventina di libri, e sul palco del teatro, nel 2004, l’ex boss della Leggere ha fatto parte della giuria di Goncourt, prima di presiederla, tra il 2014 e il 2019.

Come se ciò non bastasse a placare la sua sete di curiosità, Bernard Pivot ha iniziato su Twitter nel 2012. Il vincolo dei 140 segni non poteva che sedurre questo appassionato di giochi di parole e di aforismi. I suoi “tweet” attireranno diverse centinaia di migliaia di abbonati di tutte le età, i più giovani dei quali non sapevano nulla della conduttrice di “Apostrophes” (1975-1990) e “Bouillon de culture” (1991-2001). Il resoconto dei “Twittos de la langue française” rimarrà ora muto. Bernard Pivot è morto lunedì 6 maggio a Neuilly-sur-Seine, all’età di 89 anni, lo ha annunciato sua figlia Cécile Pivot all’Agence France-Presse (AFP).

Uno studente “mediocre”.

Per tutta la sua vita, la sua passione principale furono le parole. Quelle prime tratte da Le Petit Larousse, raro libro che possiede, con Le favole de la Fontaine, e che incanterà la sua infanzia. Un’infanzia segnata da “severa educazione cristiana”, da cui dirà di aver sofferto abbastanza da tenerlo lontano da ogni impegno. Nonostante le previsioni del nonno, che vide un segno nella sua nascita a Lione, il 5 maggio 1935, giorno delle elezioni comunali. Bernard Pivot ha preferito ricordare che quella domenica l’Olympique Marsiglia vinse la Coupe de France contro lo Stade Rennais.

Nel 1940, suo padre fu fatto prigioniero, la famiglia si ritirò a Quincié-en-Beaujolais (Rodano), che rimase il loro punto di ancoraggio. Circondato dalla madre, dalle zie e dalla sorella maggiore, il bambino impara a conoscere la natura, le stagioni e ovviamente la vite. Alla Liberazione, i suoi genitori riaprirono la loro drogheria a Lione, dove svolse il ruolo di commesso quando non era al collegio Saint-Louis poi, più tardi, sui banchi del liceo Ampère, dove era ben lungi dall’essere una luce. “Studente mediocre”secondo le sue stesse parole, Bernard Pivot si distingue tuttavia nel francese, nella storia e nello sport, il suo rifugio.

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