otto cose da sapere su una sinfonia leggendaria

-

Sebbene fosse nato in Germania nel 1770, il 15 o 16 dicembre, fu in Austria, la patria di Mozart, che Ludwig van Beethoven trascorse gran parte della sua vita. E proprio al Kärntnertortheater di Vienna diede la prima della sua sinfonia n. 9 il 7 maggio 1824.

Beethoven dubitava di se stesso

Già con la “Settima sinfonia” (1811-1812) Beethoven stava già lavorando all’idea di una trilogia sinfonica che si concludesse con un’opera con coro. Nel 1823 completò l’orchestrazione della sua “Nona Sinfonia”. I suoi piccoli quaderni testimoniano i suoi dubbi prima della sua creazione. Sa che i viennesi amano le cose nuove e sono versatili. Il giorno prima corse di porta in porta in carrozza per “invitare le personalità a onorare il suo concerto con la loro presenza”, dice la storica della musica tedesca Birgit Lodes.

Un’accoglienza trionfante

Una sinfonia corale in re minore in quattro movimenti per grande orchestra, solisti e coro misto, la “Nona” è stata creata davanti ad un pubblico gremito. L’orchestra è diretta da Michael Umlauf, ma il maestro è presente sul palco, al suo fianco, dando le spalle al pubblico, per indicare i tempi. L’opera, della durata di circa 70 minuti – quasi il doppio di partiture comparabili – ha ricevuto immediatamente un’accoglienza trionfante. Il musicista prodigio, in quel momento completamente sordo, non si rende conto dell’entusiasmo del pubblico… finché un musicista non gli fa segno di voltarsi.

Fraternità tra i popoli

La grande originalità della “Nona” è il suo ultimo movimento, l’”Inno alla gioia”, che è organizzato in due parti e rivoluziona il modello tradizionale del genere, “solo orchestrale”. Il primo è puramente strumentale ma il secondo rivela i cori, le voci dei solisti e l’esaltante bellezza di un testo, in questo caso quello del poeta Friedrich von Schiller, che invoca con fervore la fraternità tra i popoli.

L’influenza dell’Illuminismo


Beethoven in piedi in un paesaggio tempestoso, litografia di C. Schnveninger.

Filarmonica di Parigi

La Rivoluzione francese che si diffonde nelle capitali europee interroga Beethoven, come molti artisti del suo tempo. Imbevuto degli ideali dell’Illuminismo, da Voltaire a Goethe e da Rousseau a Kant, il musicista fa della sua sinfonia un richiamo all’Umanità intera, in cui traspare la rappresentazione di un mondo fraterno e di una gioia collettiva. Come un magnifico testamento musicale, tre anni prima della sua morte, avvenuta all’età di 56 anni, il 26 marzo 1827.

Sullo stesso argomento

A 220 anni dalla morte di Immanuel Kant: chi era questo filosofo dalle idee così attuali?

Morto il 12 febbraio 1804, l’autore della “Critica della ragion pura” è uno di quei filosofi che inquietano i diplomati. Politica, moralità, estetica, religione, libertà, libera scelta, socievolezza, pace, dispotismo, pregiudizi, rispetto per gli altri… I temi del suo pensiero sono tuttavia ancora scottanti oggi

Il campo di Terezin

Naturalmente il maestro non era a conoscenza del modo in cui i posteri si sarebbero impadroniti della sua creazione che avrebbe ispirato tutti i regimi e le ideologie politiche, dal nazismo al comunismo. Il 7 marzo 1944, nel campo di concentramento nazista di Terezin, dove furono detenuti prigionieri ebrei durante la seconda guerra mondiale, nella Repubblica Ceca, il coro di bambini del campo, dove sopravviveva un’intensa vita culturale, aveva così messo al suo programma questo stesso “Inno alla gioia”, un inno all’armonia tra gli uomini. Il concerto non avrà mai luogo…

L’inno europeo

Da duecento anni, l’enorme successo mondiale della pagina più celebre di Beethoven, forse addirittura di tutta la musica classica, non è mai venuto meno. Un estratto dell’ultimo movimento dell’“Inno alla gioia”, riarrangiato da Herbert von Karajan, è diventato dal 1972 l’inno del Consiglio d’Europa. Nel 1985, l’UE, ancora chiamata Comunità Europea, lo adottò a sua volta.

Klimt, Béjart e Kubrick… e la “Casa di carta”

Il capolavoro di Beethoven ha ispirato anche molti artisti. Tra i più famosi, il pittore austriaco Gustav Klimt si ispirò alla Nona sinfonia per il suo famoso fregio del Palazzo della Secessione e il coreografo francese Maurice Béjart le dedicò un balletto. Da “Arancia Meccanica”, di Stanley Kubrick, a “Casa de Papel”, la serie spagnola di Netflix, la “Nona” spopola sul grande e piccolo schermo

La maledizione del “Nono”

-

PREV PSG: il trasferimento da 20 milioni di euro che nessuno si aspettava!
NEXT Esplosione in una fabbrica pirotecnica in Colombia: un morto e una trentina di feriti