“Il giorno della gonna”… era 15 anni fa

“Il giorno della gonna”… era 15 anni fa
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In un momento in cui i ragazzi vengono accoltellati vicino alle università, quando gli insegnanti vengono assassinati, quando i dirigenti scolastici minacciati non sono né sostenuti dalla gerarchia né protetti dal prefetto, quando un sindaco getta la spugna di fronte alle minacce antisemite contro di cui si tratta, è difficile non ricordarlo Giorno della gonna. Chi ha visto questo film di Jean-Paul Lilienfeld nel 2009 è rimasto colpito da uno scenario che, contro ogni aspettativa, ha ribaltato i tradizionali equilibri di potere stabiliti in molti college dall’indisciplina e dalla volgarità. Niente da vedere Tra le paretiil film di Laurent Cantet, al quale una certa demagogia valse, nel 2008, la Palma d’Oro al Festival di Cannes.

Qui, un colpo di scena drammatico: nella confusione più totale, una giovane donna, insegnante di lettere, prende in ostaggio la sua classe utilizzando una pistola caduta accidentalmente dalla borsa di uno studente. La situazione è tanto più grave in quanto i rappresentanti dell’autorità non sembrano all’altezza del compito. Dal lato del college, il preside demolisce i muri. Sul fronte delle forze dell’ordine, le rivalità interne, nonostante l’urgenza della situazione, hanno la precedenza sulla consultazione necessaria per il corretto svolgimento delle operazioni. Quanto al ministro dell’Interno, arrivato frettolosamente sul posto, fatica a nascondere il timore di vedere compromessa la sua carriera politica. Il senso del film diventa più chiaro quando scopriamo che questo giovane insegnante, che non intende cedere a Molière, è di origine nordafricana.

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Se le avessero detto, mentre preparava i concorsi, che avrebbe dovuto integrarsi in una società che si stava disintegrando, che la sua terra di missione sarebbero stati i territori di una Repubblica che si stava dimettendo, che avrebbe dovuto insegnare in Francia? di fronte agli studenti che pretendono che lei sia araba prima di essere insegnante di francese? Dato che ogni sequestratore ha bisogno di una richiesta, qual è la sua? Come se il suo inferno quotidiano non fosse condizione sufficiente per “crollare”.

Allora, poiché la Repubblica è sorda e cieca, questo giovane professore, che da anni è stufo di questa continua lapidazione delle donne con ingiurie, getterà in faccia al Paese il suo rifiuto dell’umiliazione: “Poter indossare una gonna senza essere definita “troia””. Chiamare le cose con il loro nome e dirle come sono – che è il mestiere stesso di un insegnante di francese – è diventato insopportabile per una società da sempre intossicata dalla televisione che falsifica quotidianamente la realtà. Anche la giovane, abbandonata dai colleghi, verrà uccisa a colpi di arma da fuoco da una telecamera truccata dalla polizia, abbattuta come una “troia” da una forza che, messa al servizio della debolezza morale e della vigliaccheria, cessa completamente di essere repubblicano.

Ricordiamo non solo questo film ma anche ciò che all’epoca potemmo leggere in Il mondo : “Tutto è così semplificato, così cucito insieme, che si ha l’impressione che il regista consideri a priori il suo pubblico come una classe da educare”. E su un blog di Mondo diplomatico : “Machismo, Islam, antisemitismo, le svolte… […] Giorno della gonna allinea attentamente tutti i luoghi comuni che la feroce propaganda degli ultimi anni ha installato nella testa delle persone come prove.

Ricordiamo inoltre che questo film è uscito soltanto in cinquantatré sale, di cui otto nella capitale, poiché i grandi circuiti cinematografici (UGC, Gaumont, Pathé, CGR) si sono rifiutati di trasmetterlo con il pretesto che era stato trasmesso da tempo precedentemente da Arte e visto da 2.245 milioni di telespettatori.

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