Questi gesti che i ragazzi hanno dato, sofferto, per paura di essere espulsi dalla squadra, del loro sogno calcistico…

Questi gesti che i ragazzi hanno dato, sofferto, per paura di essere espulsi dalla squadra, del loro sogno calcistico…
Questi gesti che i ragazzi hanno dato, sofferto, per paura di essere espulsi dalla squadra, del loro sogno calcistico…
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Ci parli di un minibus…

Il minibus del club è importante nel calcio, il minibus, che abbiamo affidato ad Ahmed Gueninèche che è stato il miglior allenatore… E a fine allenamento, ha accompagnato i ragazzi del suo gruppo che, grazie a lui, avrebbero vissuto una giornata in grande centro di allenamento: conosceva la gente, la conosceva davvero… Se li portava a casa dopo il calcio veloce e la pizza, questi ragazzi di 13 o 14 anni a cui comprava regali, a cui mandava regali la sera messaggi… E qualche volta l’ultimo ragazzino che accompagnava, in una deviazione nel bosco, Ahmed Gueninèche avrebbe fermato il minibus, e lì avrebbe forzato i gesti che il ragazzino faceva per paura di essere escluso dalla squadra, sbarcato dal suo sogno…

E quindi quella che sentirete sarà una storia di predazione e codardia: sto parlando qui un podcast sul sito web del Teamfirmato Fabien Touati… è chiamato l’orco delle città, perché Ahmed Gueninèche, condannato nel 2022, ha scelto le sue prede nelle città, nei quartieri poveri, nei quartieri operai. Ragazzi per i quali il calcio non è solo, per quanto mi riguarda, il gioco più bello del mondo, ma soprattutto la speranza di uscirne, di tirare fuori dai guai la propria madre – e questo dà a questi ragazzi una forza incredibile, ma li lascia anche indifesi… Ragazzi la cui cultura non è quella della parola, che non provengono da un mondo in cui si parla facilmente di stupro sessuale…

Ed è il prezzo di questo podcast far sentire la voce di alcuni giovani che, in un oceano inghiottito dalle vittime, hanno superato la solitudine e l’incoscienza degli adulti e hanno osato parlare, nei club, alla polizia, ai tribunali, a un giornalista adesso.

La predazione di Ahmed Gueninèche è durata anni, è passata per tre club della Valle della Marna e un club a Parigi… Conservo due scene del podcast…

Un omone, ex vittima di Gueninèche ma che non era riuscito a dire cosa gli aveva fatto l’altro, ha reso la vita difficile in allenamento, con paranchi e gomitate brutte, a un piccoletto che aveva visto solo che presto sarebbe diventato un vittima, e che voleva disgustare il calcio e questa società, per salvarla…

E al processo i 13 ragazzi che si erano parlati, inizialmente distanti tra loro per giorni, si sono avvicinati, si sono sostenuti, sono diventati amici: erano una squadra…

L’ho letto quel giorno dalla squadra ancora una volta, e da il sito web So footdue scrittori del mio sport Vincent Duluc e Cherif Ghemmour, mi parlano di Johan Neeskens morto domenica all’età di 73 anni, che nel calcio fu un metronone, un tamburo di guerra, un volteggiatore del pressante carnivoro, un primo cacciatore aggressivo, che ha messo nell’ impatto battendo… Insomma Neeskens, alias Johan 2 all’Ajax Amsterdam di Barcellona nella squadra olandese, Johan 2 perché il secondo l’indispensabile il secondo migliore dopo Johan Cruijff il suo amico che ha seguito in tutti i paradisi del partita – e tutto mi torna in mente, lo ero anche lui era uno dei miei splendidi e giovani giornalisti incontrandolo, ho tremato – nel momento in cui pensavo che il calcio potesse ferirmi solo con sconfitte ingiuste, dovevo parlare anche ai miei figli sui mostri che a volte si nascondono lì.

Parliamo anche di rimorso…

Cos’è che si prepara a fingere in tribunale un killer adolescente, uno di quei ragazzi reclutati dalle reti della droga, ragazzi che avrebbero l’età e la sociologia per pensare solo al calcio – cosa hanno in comune con i cercatori di sogni?

Vi abbiamo parlato della maledetta notizia di questi ragazzi, questi sicari terrificante, trovo questa parola in un servizio da Le Figaroviene dai cartelli della droga dell’America Latina, vero? Questi sicari quello che dicono anche in un libro che uscirà domani, di tre giornalisti di Le Parisien, cioè il parigino evoca in due pagine e di cui Le Monde ne pubblica lunghi estratti…

E in questo libro pieno di atrocità e di inchieste poliziesche, si legge un foruncoloso boia marsigliese, che racconta a suo fratello, il cui cellulare era sotto controllo, come quando fosse arrivato il giorno avrebbe mimato il rimorso.

“Ti dirò una cosa. Il giorno del mio giudizio, eh, andrò lì in lacrime. Ma quando ti racconto in lacrime della mia vita… mi pento, mi dispiace, daronnes e tutto il resto, sì, mi dispiace di aver ucciso i tuoi figli… non me ne frega niente!

– Sei bravo, tu!

– Ma nella mia vita funziona così!

– E cosa credi che ti dirà, la daronne? Sì, vai avanti, scusa? Oh Sangue, a quanto pare c’è un daron che hai ucciso, è un ragazzone di Marsiglia. Me lo hanno detto tutti, Blood. Dice che il fratello farà di tutto affinché quando uscirai, morirai. »

La lingua dice tutto sulle morti che verranno.

A Nizza-Matin et la Nuova Repubblicasi legge un altro giornalista, Philippe Pujol, che sta pubblicando anche lui un libro sui figli della droga, che lui chiama “quelli bruciati”, la parola suona meglio di “sicari“per i ragazzi che vengono drogati, che litigano o vengono continuamente picchiati, il cui cervello accumula traumi, e poi… Pujol lavora da anni – Premio Albert Londra nel 2013 – su questi quartieri dove i bambini crescono senza un adulto”, ha detto, dovremmo rimettere a posto educatori, centri sociali, polizia di prossimità, e ciò richiederà anni, è vantaggioso dal punto di vista elettorale?

Ho letto su Ouest-France che a Rennes gli scontri sui punti vendita stanno assumendo proporzioni spaventose e si stanno estendendo ai quartieri e una madre negoziante Agnès non vuole più che sua figlia esca la sera Place Saint-Anne in rue Saint – Michel, alias “rue de la soif”, dove tradizionalmente i giovani bevono e riversano la loro anima, ma dove un uomo su uno scooter è stato ucciso alle 3:45 di domenica… Non si tratta solo di Marsiglia, tesoro… Questa è una parola del folklore che è diventata velenosa.

E parliamo finalmente di una biblioteca…

A New York, la biblioteca pubblica di New York, dove un bibliotecario di nome Herman Melvill, senza “e” finale, sta lavorando a un progetto ammirevole e terrificante, folle… Creare un edificio senza porte né finestre, una biblioteca dove pubblico non tornerebbe mai più, ma che conterrebbe tutti i libri, tutta la cultura del mondo, disposti con cura, fuori portata, e i lettori sarebbero condannati a restare fuori, ad ammirarla da lontano…

Così sintetizza un testo che la recensione “Aspettando Nadeau” che Mediapart subentra, mi rende indispensabile, ma anche – scusate se ne tralascio qualcuno – i siti di Marianne, AOCTelerama. “Piccole opere per un palazzo”, edito da Cambourakis, l’ultimo lavoro di uno scrittore ungherese di nome László Krasznahorkai, che Susan Sonntag definì “maestro dell’apocalisse”, e per il quale le Point sperava nel Premio Nobel della letteratura, questa speranza, negata un anno fa, è valida ancora oggi, sarà valida dopodomani quando verrà assegnato il premio?

Non lo so e non mi interessa molto (Télérama ci dà ancora sul suo sito i consigli per sedurre la giuria e aggiunge che è inutile) poiché per caso questa domanda, prima di leggerla, ho attinto ai siti dei giornali splendori del linguaggio, della scrittura… Kraznahorkai scrive nella sua testa mentre cammina, in continuazione, pratica la musica, il suo amico Imre Kertesz diceva che il suo suono, la sua architettura era quella di Gustav Mahler… I in progress. Alcuni anni fa, già in Mediapartha detto che i grandi attori mettono fine alle loro invettive mezzo voce e così descriveva ciò che gli ispirava il governo del suo Paese: vergogna, “Szégyen”. Bastava una parola. Mi auguro questa concisione.

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