Screening della sindrome di Down: ampliamento delle raccomandazioni

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Nuovo sviluppo in vista nello screening della sindrome di Down in gravidanza: l’Alta Autorità della Sanità (HAS) ha raccomandato mercoledì di ricercare eventuali anomalie cromosomiche diverse dalla sindrome di Down nel DNA del feto durante i test.

In Francia, qualsiasi donna incinta può essere sottoposta a screening per la sindrome di Down durante la visita medica del primo trimestre. Dal 2018 è possibile, per le persone con un certo livello di rischio (tra 1/1.000 e 1/51), effettuare un test prenatale non invasivo a partire da un esame del sangue, attraverso le cellule fetali ivi presenti.

Limitazioni dei metodi diagnostici

Il cariotipo, l’analisi dei cromosomi fetali, è l’unico modo per stabilire definitivamente una diagnosi di sindrome di Down. Ma l’amniocentesi è un esame chiamato “invasivo“, e quindi potenzialmente a rischio, soprattutto di aborto spontaneo, perché la membrana che circonda il feto è perforata.

L’introduzione del test del DNA per individuare la sindrome di Down è stata “obiettivo primario“per ridurre i campioni invasivi”, ricorda l’HAS in un comunicato stampa. Se il test del DNA è negativo l’amniocentesi può essere evitata, ma resta indispensabile in caso di risultato positivo. Ma questo screening del DNA”è riuscito a ridurre l’identificazione di anomalie cromosomiche diverse da T21, riducendo il numero di cariotipi effettuati“, nota la HAS.

Ulteriori raccomandazioni

L’HAS propone quindi, per le stesse donne a rischio, che i test del DNA siano estesi a “la ricerca delle trisomie 2, 8, 9, 13, 14, 15, 16, 18 e 22 e di anomalie segmentali non criptiche, oltre alla trisomia 21“. “Queste anomalie cromosomiche sono infatti considerate compatibili con una gravidanza attiva e suscettibili di portare a conseguenze fetali o ostetriche particolarmente gravi.“, spiega l’HAS. Raccomanda inoltre di estendere le indicazioni per lo screening del DNA in alcuni casi: storia di gravidanza con un cromosoma in più o in meno nelle cellule rispetto al numero previsto (aneuploidia), se uno dei genitori porta un “traslocazione robertsonienne” che coinvolgono il cromosoma 13, o se i marcatori materni degli esami del primo trimestre sembrano suggestivi di trisomia 13 o 18.

Importanza dell’informazione e della formazione

L’HAS chiede inoltre “che siano messe a disposizione informazioni comprensibili alle donne in gravidanza per consentire loro di prendere una decisione informata riguardo allo svolgimento di esami di screening e diagnostici“. Si raccomanda inoltre la formazione dei prescrittori, per “garantire la qualità dell’informazione fornita alle famiglie e l’autonomia delle donne nel processo decisionale, soprattutto nel contesto di un aumento del numero di anomalie rilevate“.

ic/ito/hj

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