Libro: La lezione di cinema secondo François Truffaut

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La lezione di cinema secondo François Truffaut

Pubblicato oggi alle 7:34

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E’ una storia divertente. Sappiamo che François Truffait ha creato un nuovo genere di libri sul cinema con la sua lunga intervista ad Alfred Hitchcock, pubblicata nel 1966 da Robert Laffont. Il cineasta inglese ha raccontato i suoi film uno dopo l’altro, seguendo un ordine cronologico. A volte diceva cose buone, a volte cose cattive rispondendo alle domande del suo giovane collega francese, che lo ammirava molto. Il libro viene periodicamente ripubblicato come modello del suo genere. Va detto che pochi registi si saranno dati al pascolo tanto quanto il maestro della suspense, tranne forse l’americano George Cukor.

Una genesi difficile

Circa quindici anni dopo, lo stesso Truffaut era diventato leggendario, con una forte aura negli Stati Uniti. La televisione, che allora conservava ambizioni intellettuali, concepì l’idea di un equivalente del libro sotto forma di due trasmissioni di un’ora. Verrebbe prodotto con un budget stanziato per trenta ore all’anno dedicate alla cultura. Una produzione che è stata trasmessa, con una certa riluttanza, da uno dei canali nazionali. Restava da convincere l’interessato, che era piuttosto riluttante. Era troppo presto, o troppo tardi. Bisognava lasciargli la scelta del regista e dei giornalisti. Un atteggiamento da star per un ex critico che è arrivato a buon fine. Si trattava anche di ottenere i diritti su alcune sequenze che illustrassero il concetto, con gli alti costi che ciò comporterebbe. Le riprese ebbero finalmente luogo nel 1981. Truffaut impiegò mesi per degnarsi di vedere il risultato e dare il via libera. Quando le due parti furono trasmesse in occasione del Festival di Cannes del 1983, le cose andavano già molto male. L’uomo morì pochi mesi dopo, nel 1984.

Le riprese di “Ultimo Metro”. Un altro grande successo di pubblico per il cineasta. E dieci Cesari!

Queste vecchie trasmissioni potrebbero essere oggetto di un libro molto postumo. Dovevamo trovare i rush per rimettere i commenti che facevano parte delle sequenze tagliate in fase di montaggio. L’opera è stata finalmente pubblicata durante il Covid nel 2021. Ammetto di averla saltata allora. È appena uscito in versione tascabile. Questa è l’occasione per rimediare a questa disattenzione. A quarant’anni esatti dalla sua morte, mentre la sua opera si sedimenta, il cinema di François Truffaut merita una lettura di questa autoanalisi. Se Hitchcock spiegava ai lettori come faceva a Londra e poi a Hollywood, il collega raccontava invece perché agiva. Si tratta infatti di un lavoro chiaramente meno calcolato, e quindi meno controllato. Il suo autore è spesso molto duro. Non ama più. Non lo farebbe mai più così. Si era sbagliato. Ciò è particolarmente vero per “Love on the Run” (1979) e “La sirena del Mississippi” (1969), che vengono demoliti in poche pagine.

François Truffaut realizza “Les 400 coups”, il suo primo lungometraggio, nel 1959. Molto fai da te.

Non si vede nulla detto dal critico François Truffaut, le cui opere sono state recentemente ripubblicate (Gallimard, 2019). Sarebbe stato interessante scoprire il brano, poi la diapositiva, in un libro che oggi si intitola, come i due spettacoli, “La lezione di cinema”. Mi sono sempre chiesto come un commentatore così aspro e distruttivo, che devastò tutto il cinema francese negli anni Cinquanta, avrebbe potuto finire per fare quasi la stessa cosa. Se c’è il geniale Truffaut, quello di “400 colpi”, di “The American Night” e di “Last Metro”, c’è infatti anche quello, a mio avviso molto accademico, di “The Green Room” di “L” storia di Adèle H” o “Fahrenheit 451”. Esci da lì così posso iniziare? La rivoluzione non avviene. Tutto ciò avrebbe richiesto anche qualche spiegazione.

Pratico

“La lezione di cinema” di François Truffaut, Champs Arts, 247 pagine.

Il ritratto di Truffait che si trova sulla copertina del libro.
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Nato nel 1948, Etienne Dumont studiò a Ginevra che gli furono di scarsa utilità. Latino, greco, diritto. Avvocato fallito, si dedicò al giornalismo. Molto spesso nelle sezioni culturali, ha lavorato dal marzo 1974 al maggio 2013 alla “Tribune de Genève”, iniziando parlando di cinema. Poi vennero le belle arti e i libri. Per il resto, come potete vedere, nulla da segnalare.Più informazioni

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