“La cultura degli outsider è la culla di tutto ciò che conta nell’arte, nella musica, nel cinema” – Libération

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Colloquio

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In disparte per otto anni, il cineasta americano torna al cinema con “The Bikeriders”, un affascinante tuffo nei motociclisti Outlaws degli anni ’60, ispirato al lavoro del fotografo Danny Lyon, con il quale condivide “il desiderio di ascoltare il parole di coloro che non vogliamo vedere”.

Solo chi seguiva da vicino la sua carriera sapeva che Jeff Nichols non aveva finito con il cinema. Filmmaker adorato all’inizio della sua carriera, nato a Little Rock nel 1978, il nativo dell’Arkansas era quasi investito dai suoi successi di critica (Storie di fucili da caccia, Mettersi al riparo) di una pesante responsabilità paradossale, quella di salvare dal pericolo una certa idea di cinema americano (Carpenter, Eastwood) e reinventarla. Includendo una serie di film molto belli che reinvestono il terreno di un certo classicismo suscitando il desiderio solo con la forza della loro sinossi – ricordiamo la fantasia mantenuta attorno Speciale mezzanotte, neo E che ha permesso a Jeff Nichols di collocarsi nel solco di uno Spielberg.

Ma a Hollywood la fantasia non basta più. Troppo attaccato ai suoi privilegi autoriali e a una certa brutalità di immagini e sentimenti, Nichols si è ritrovato in disparte dopo le delusioni commerciali e critiche di Speciale mezzanotte E Amorevoleentrambi pubblicati nel 2016. I motociclisti si rompe così una pausa di otto anni, durante la quale l’americano era rimasto invischiato

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