lo splendido dipinto di oscuri esseri ostracizzati

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Julien Nortier, in “Le vite degli uomini infami”, di Marianne Pistone e Gilles Deroo. GOMMALACCA

L’OPINIONE DEL “MONDO” – DA NON PERDERE

Le vite di uomini infamiun progetto di scrittura di Michel Foucault (1926-1984), della seconda metà degli anni ’70, è il frutto delle indagini del filosofo negli archivi dell’internamento della Bastiglia, risalenti all’inizio del XVIII secolo.e secolo. È anche il titolo del film di Marianne Pistone e Gilles Deroo, un quadro luminoso che dà corpo, in una successione di capitoli, a uno di questi esseri cosiddetti “oscuri” o non famosi, denunciati e condannati da la giustizia.

Gli amministratori erano interessati al primo degli ordini di arresto, quello che aveva come bersaglio Mathurin Milan. Da quest’uomo apprendiamo che lo era “messo nell’ospedale di Charenton il 31 agosto 1707” : “La sua follia è sempre stata quella di nascondersi dalla famiglia, di condurre una vita oscura in campagna, di avere processi, di prestare ad usura e fondi perduti, di vagare la sua povera mente per strade sconosciute e di credersi capace delle più grandi imprese “scriveva Foucault.

L’uomo era braccato

Scomponendo l’ordine, Marianne Pistone e Gilles Deroo hanno creato i loro personaggi, hanno creato la loro sinossi, hanno trovato il loro ritmo. Dapprima lento e calmo, quest’ultimo diventa sempre più affannoso, i passi di Mathurin frusciano tra le foglie mentre fugge nel bosco e lontano dalla società. Verrà rinchiuso, rilasciato, nuovamente arrestato, denunciato dai parenti. Affascinava quanto disturbava.

I protagonisti prendono vita davanti alla macchina da presa: la statura imponente di Mathurin Milan, le sue mani immense; sua moglie Magdeleine, bionda come il grano, dalla gola generosa. Nell’immaginazione dello spettatore, i personaggi prendono posto in un dipinto di un pittore fiammingo. I primi minuti, che vedono Magdeleine parlare al suo gregge, accarezzare un vitello o impastare il pane tra le sue cosce, sono puramente estatici.

Dalle inquadrature fisse alle scene frammentarie, il film fa rivivere l’ambientazione, tratteggiando in pochi tratti un processo, un arresto. Il telaio si stringe Mathurin Milan, uomo braccato, che trova solo un po’ di riposo tra le piante. La macchina da presa cattura delle “nature morte”, un campione di funghi, un bulbo di tulipano, poi il fiore e i suoi petali che Mathurin Milan tira fuori dalla camicia e disegna senza curarsi del decoro, durante l’ennesima udienza. Indignazione di scribi, giudici e poliziotti, in una galleria di ritratti smorfii, con parrucche inadatte.

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