“Stai mandando un elettricista a controllare gli impianti del gas? »

“Stai mandando un elettricista a controllare gli impianti del gas? »
“Stai mandando un elettricista a controllare gli impianti del gas? »
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Era una domenica mattina, 28 aprile 2013. Non c’era fretta. Al secondo piano, Chantal Robert era ancora nel suo letto, così come Janos Marton al quarto. Di sopra, Rachida Laidouni si stava preparando, con un pettine a portata di mano. Scene banali di un fine settimana come tanti, improvvisamente spazzato via da una terribile esplosione.

Erano le 11.16. In pochi istanti crollarono tutti e quattro i piani. Sedici feriti, e tre corpi senza vita trovati tra le macerie: quelli di Chantal Robert, 61 anni, Rachida Laidouni, 62 anni, e Janos Marton, 75 anni.

Se la fuga di gas non verrà discussa, la sua posizione e origine saranno oggetto di accesi dibattiti durante il processo. – Archivi cristiani Lantenois

La natura dell’esplosione non ha mai posto alcun problema: una fuga di gas, avvenuta al 8A dell’Allée Beethoven, un bar del Foyer Rémois costruito nel 1958 nel quartiere Wilson. La posizione della perdita, tuttavia, è dibattuta. Secondo il primo esperto, intervistato lunedì 17 giugno, diversi “indizi” permetteteci di localizzarlo nell’appartamento di Rachida Laidouni, presso il fornello a gas, mantenendo due ipotesi: o un “microperdita” derivante dal progressivo allentamento di un giunto posto a monte del rubinetto di alimentazione, oppure da una perdita posta all’uscita del rubinetto dovuta al disimpegno del tubo di collegamento.

Due aziende e un tecnico al timone

Si poteva evitare la tragedia? Per l’accusa e il gip, qualunque sia l’ipotesi adottata, la risposta è sì! Presunta fonte della perdita, il tubo di ingresso della cucina a gas di Rachida Laidouni non era dotato di un rubinetto di nuova generazione che il termotecnico Mulot – secondo l’analisi dell’accusa – avrebbe dovuto installare al momento dell’installazione delle nuove caldaie nel 2007. Un’interpretazione che la difesa non mancherà di contestare, ma questo lunedì, nel primo giorno del processo, sono stati gli altri due imputati – il prestatore di servizi Must e il suo tecnico che lavorava nell’edificio – ad attirare l’attenzione della corte.

Nell’ambito del contratto stipulato con il Foyer Rémois, la società Must Multiservice fornisce “diagnosi di sicurezza” in ogni appartamento una volta all’anno. Il suo tecnico ha visitato Madame Laidouni il 16 gennaio 2013. Sul suo foglio di intervento aveva verificato la presenza di un rubinetto di nuova generazione (ROAI, rubinetto ad otturatore automatico integrato, al cui interno è presente una valvola che interrompe l’erogazione del gas in caso di strappo a valle). Secondo l’accusa però il vecchio rubinetto non era stato sostituito.

Passaggio delle braccia attorno a un rubinetto

“Ho fatto un controllo visivo. Per me è stato un ROAI”, assicura il dipendente, che nega di aver compilato falsamente il modulo. Qualche domanda dopo, sembra contraddirsi: “Per sapere se si tratta di un ROAI, devi smontarlo e testarlo. » Seguì un imbarazzante richiamo da parte della Procura: davanti al gip, dichiarò di aver appreso la differenza tra un rubinetto di vecchia e di nuova generazione solo in occasione degli accertamenti, nel corso delle indagini.

Il tecnico non ricorda di averlo detto. Affermazione fraintesa e decontestualizzata, interviene il suo avvocato, verbo ad alta voce. Richiamo all’ordine da parte del presidente. In apertura di serata il processo è tornato in acque più tranquille con l’interrogatorio del primo dei periti. Le udienze proseguiranno martedì.

Addestrato “specificamente” sulla sicurezza del gas sette mesi dopo l’esplosione

Il tribunale ha interrogato a lungo il tecnico del Must sul suo background professionale. Precedentemente addetto portuale, l’uomo è diventato elettricista dopo una riqualificazione. Ha svolto dapprima diversi incarichi temporanei per Must, prima di essere assunto nel 2010 come a “tecnico multiservizio”. «È nel contratto: ci viene chiesto di controllare la falegnameria, gli impianti idraulici, la manutenzione delle caldaie.

– Quindi sei stato assunto come elettricista e non come termotecnico, senza formazione sul gas? », il presidente è sorpreso. Lei è ancora più diretta con il direttore della Must, interrogato nella sua veste di legale rappresentante della società: “Un elettricista non è un lavoratore del gas: mandi un elettricista a fare i controlli dell’impianto gas?

– Non li lasciamo andare da soli”rassicura. “Abbiamo una compagnia, un sistema duplicato. Hanno una formazione parallela. È un intoppo che aumenta la versatilità. » Il manager specifica che Must recluta in via prioritaria “il terreno fertile per l’elettromeccanica” perché queste sono persone che “sono già in una logica di manutenzione”più facile da addestrare in altre specialità.

Ancora dipendente dell’azienda (è diventato caposquadra), il tecnico spiega di aver seguito una formazione iniziale di due mesi ” A coppie ” con un personale “sperimentato” durante i suoi incarichi temporanei, poi un secondo corso di formazione di due settimane dopo la sua assunzione. Fu nel novembre 2013, sette mesi dopo l’esplosione, che seguì a “formazione specifica sulla sicurezza gas”.

“A causa dell’incidente?”

– No, era previsto. »

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