Una madre processata per l’omicidio delle sue due figlie, assicura che sono ancora vive

Una madre processata per l’omicidio delle sue due figlie, assicura che sono ancora vive
Una madre processata per l’omicidio delle sue due figlie, assicura che sono ancora vive
-

Le corti d’assise sono luoghi sospesi rispetto al mondo esterno dove l’imprevisto può sorgere in ogni momento, trascinati dal flusso di emozioni contraddittorie che travolgono le persone presenti. L’imprevisto prenderà la forma di confessioni, rivelazioni, oppure verrà cacciato dal tribunale di Agen in questa terza settimana di giugno? Poiché l’impossibile non è mai certo, si attende anche il processo contro Naïma Bel Allam, deferita alla giurisdizione penale per un duplice infanticidio di cui si dichiara innocente da più di sette anni, per quello che potrebbe far intravedere la verità. In assenza dei corpi delle sue figlie, Nawal e Inès, in assenza di prove che continuino a vivere lontano dagli occhi avendo oggi 18 e 20 anni, i giurati dovranno consegnare la loro intima convinzione alla luce degli elementi denunciato dalla Procura.

Sullo stesso argomento

Ragazze scomparse a Nérac (47): il nostro dossier

Nel dicembre 2016, Nawal e Inès, due sorelle gravemente disabili di 11 e 13 anni, sono scomparse mentre avrebbero dovuto trascorrere le vacanze di fine anno con la madre. Da quando è stata incriminata per omicidio contro persone vulnerabili, quest’ultima ha continuato a dire che i suoi figli sono vivi. La giustizia, dal canto suo, propende per l’ipotesi della morte anche se finora non è stato ritrovato alcun corpo.

Dal 17 al 20 giugno, Naïma Bel Allam, 56 anni, dovrà rispondere alle tante domande lasciate senza risposta da questo caso, iniziato nell’estate del 2017, mentre le sue due giovani figlie, gravemente disabili e accudite durante giorno in una struttura specializzata, non rientrava nella struttura dal dicembre 2016. Fingendo una vacanza in Marocco, quindi uno stato di salute incompatibile, la madre aveva respinto le domande dei professionisti. Dopo aver denunciato ai tribunali, la cinquantenne ha poi fornito un’altra versione quando è stata messa in custodia di polizia il 20 settembre 2017, sostenendo di aver lasciato i suoi figli con una donna in un’area di sosta autostradale in Spagna. Messa in custodia cautelare dopo essere stata incriminata per abbandono di minori, Naïma Bel Allam trascorrerà un totale di quattro anni dietro le sbarre, essendo l’accusa orientata verso un duplice omicidio aggravato, dopo l’analisi di una macchia brunastra nella stanza dei bambini dove c’era un cattivo odore, contenente il profilo del DNA di una delle bambine.

Elementi oggettivi

Nonostante numerose operazioni di ricerca, i corpi di Inès e Nawal non sono stati ritrovati. Su quali argomenti si basa quindi l’accusa per deferire la madre ad un tribunale penale perché risponda del loro omicidio? I controlli internazionali non hanno dimostrato che le ragazze avessero oltrepassato i confini, né che la loro madre. Se, come sostiene Naïma Bel Allam, fossero affidati alle cure di parenti di cui non vuole rivelare l’identità o l’ubicazione, il monitoraggio medico molto pesante dei bambini, a causa della loro disabilità psicomotoria, richiederebbe un’attenta considerazione e un trattamento adeguato un contributo economico di cui gli inquirenti non hanno trovato traccia. Riguardo alla macchia di sangue, le spiegazioni contraddittorie sulla sua origine non hanno convinto il gip.

Se si considera la teoria della morte dei bambini, è accidentale o volontaria? Come spiegare l’atto, queste circostanze? Ha agito da sola o ha beneficiato della complicità? Infine, è possibile una condanna sulla base delle sole prove oggettive o è impossibile altrimenti?

“Se” onnipresente

In questo caso dove le domande superano le certezze, e gli onnipresenti “se”, la difesa insiste che non spetta a Naïma Bel Allam dimostrare di non aver ucciso le sue figlie, ma piuttosto all’accusa di dimostrare di averlo fatto. . In assenza di una scena del crimine accertata in questo caso di scomparsa irrisolto, i dibattiti dovrebbero concentrarsi sulla personalità dell’imputato. In contrasto con il padre dei suoi figli che aveva smesso di esercitare il diritto di visita nel 2013, la madre era l’unica responsabile dei suoi figli. L’ex contabile, Naïma Bel Allam, una donna dal forte temperamento, come la descrivevano i suoi ex mariti, aveva smesso di lavorare nel 2007 e viveva in un certo isolamento.

Rappresentato dagli avvocati Sophie Grolleau e Patrick Lamarque, l’imputato intende ottenere l’assoluzione. Sul banco delle parti civili, i suoi familiari, assistiti dal sig. Me Virginie Belacel. Quanto al padre di Inès e Nawal, sarà presente anche lui, insieme al suo avvocato Me Sylvie Brussiau, e l’associazione La Mouette, rappresentata dal sige Sandrine Derisbourg.

Qualunque sia il verdetto, il processo dovrebbe essere seguito da un appello. Resta da vedere da chi verrà formulato.

Tentativo di omicidio nel quartiere Gravette di Marmande

Il secondo caso esaminato dalla Corte d’assise del Lot-et-Garonne, venerdì 21 e lunedì 24 maggio, vedrà sul banco degli imputati Sidi Mohamed Zine El Abidine. Questo Marmandais, 40 anni, è sotto processo per tentato omicidio, avvenuto il 24 agosto 2021, vicino al City-stade de la Gravette. Nel corso di questa serata, la quarantenne ha incontrato un uomo di sette anni più grande di lui con il quale aveva già avuto dissapori basati sulla rivalità sentimentale. Brandendo un’arma descritta come una roncola italiana o addirittura un machete, Sidi Mohamed Zine El Abidine avrebbe sferrato un primo colpo al cranio della vittima, poi un secondo, agli arti inferiori. Secondo gli esperti medici, il ferito deve la sua sopravvivenza solo al tempestivo intervento dei presenti, che gli hanno prestato i primi soccorsi. Vittima di frattura del cranio con emorragia cerebrale e frattura della tibia, gli sono stati somministrati 220 giorni di ITT.
Se Sidi Mohamed Zine El Abidine ha ammesso di essere l’autore degli accoltellamenti, le ragioni del ricorso sono diverse da quelle del suo avversario. L’imputato insiste di aver risposto alle provocazioni e di non portare con sé un machete. Anche la premeditazione potrebbe essere oggetto di dibattito tra le parti.
In questo procedimento penale, Sidi Mohamed Zine El Abidine, difeso da Me Coralie Gay, del bar Alès, rischia l’ergastolo. Di fronte a lui la sua vittima è rappresentata da Me Virginie Belacel.

-

PREV Tesla ha un’arma segreta per riuscire ad abbassare il prezzo delle sue auto, eccola nel dettaglio
NEXT morte misteriosa di tre dipendenti di una fabbrica di batterie elettriche della Northvolt