Otto Preminger, nel suo glam e nella sua coscienza – Libération

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Da “Laura” a “Il fattore umano”, la Cineteca presenta una bellissima retrospettiva dei capolavori del cineasta che incarna la quintessenza del classicismo hollywoodiano.

Un privilegio per i cineasti nascere due volte, prima nel mondo, poi nel cuore di un regno che loro stessi hanno creato. Non sempre senza problemi, a volte la liberazione è più una risurrezione che una rinascita. Nella filmografia di Otto Preminger, al quale la Cinémathèque française dedica una retrospettiva, Laura (1944) occupa la singolare posizione di essere sia il suo sesto film che il primo che considera veramente suo.

Discepolo di Max Reinhardt, Preminger stava già conducendo una carriera di successo come drammaturgo a Vienna, quando Fox gli aprì le porte di Hollywood nel 1934. Dopo una manciata di titoli inoffensivi, il grido omerico si abbina a Darryl Zanuck, una parentesi a Broadway e un ritorno al cinema sotto la doppia veste di attore e regista Margine di errore (1943), dove interpreta il ruolo di un dignitario nazista, Laura, di cui è subentrato dopo i falliti episodi di Rouben Mamoulian, incarnerà, attraverso la limpidezza della sua messa in scena, fluida e senza cuciture apparenti, attraverso il glamour delle scenografie, il suo scenario complesso e la sua narrazione tagliata a metà, una sorta di quintessenza del classicismo hollywoodiano, di cui Preminger produrrà i frutti più velenosi, iniettando i codici del film noir con uno studio ironico della morale unito a una meditazione sognante sul cinema come arte spettrale.

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