È morto César Luis Menotti, ex allenatore dell’Argentina

È morto César Luis Menotti, ex allenatore dell’Argentina
È morto César Luis Menotti, ex allenatore dell’Argentina
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Cesar Luis Menotti (a destra) ha allenato in particolare Diego Maradona al Barcellona e con l’Argentina.

AFP

César Luis Menotti, allenatore dell’Argentina campione del mondo nel 1978, è morto all’età di 85 anni, lo ha annunciato domenica la Federcalcio nazionale (AFA) sul suo account X (ex Twitter). “La Federcalcio argentina si rammarica di annunciare con profonda tristezza la morte di Luis César Menotti, direttore delle selezioni nazionali ed ex allenatore campione del mondo”, scrive l’AFA sul social network.

Lascia l’immagine di un intransigente apostolo del bel gioco, oscurata dagli anni bui della dittatura militare. Capelli lunghi, sempre una sigaretta in mano fino allo scioglimento nel 2011, Menotti è morto all’età di 85 anni.

Apostolo del calcio offensivo

Nato ufficialmente il 5 novembre 1938 – anche se ha festeggiato il compleanno il 22 ottobre – a Rosario, grande fucina del calcio argentino, il primo allenatore a vincere il Mondiale con l’Albiceleste ha difeso per tutta la vita un gioco offensivo e offensivo. creativo, onorando il movimento e la ricerca degli spazi. “Si può perdere una partita, ma non si può perdere la dignità di giocare bene a calcio”, ripeteva “El Flaco” (“Lo Magro”), riferendosi alla sua silhouette slanciata.

Inizialmente centrocampista nei principali club argentini (Rosario Central, Racing, Boca Juniors), concluse la carriera da giocatore in Brasile nel 1970, dopo essere stato compagno di squadra di Pelé, “il più grande giocatore di tutti i tempi” secondo lui, al Santos.

Incoronazione controversa nel 1978

Divenuto allenatore, elevò l’Huracan – piccolo club di Buenos Aires – al rango di campione nel 1973. Un successo che gli valse la possibilità di allenare la Nazionale con l’obiettivo di vincere in casa il Mondiale 1978. La scommessa viene vinta e l’Albiceleste di Passarella, Kempes e Fillol conquista il suo primo titolo mondiale.

Giunti in finale grazie ad un controverso 6-0 contro il Perù, gli argentini hanno sconfitto gli olandesi – privati ​​di Johan Cruyff – al termine di una finale soffocante, vinta 3-1 ai supplementari. Ma l’impresa ha il suo lato oscuro. L’evento sportivo fu sfruttato dalla giunta militare al potere (1976-1983), che si vantava di “un paese in pace” mentre moltiplicava i rapimenti, le torture e gli omicidi clandestini degli oppositori. Menotti, pur essendo vicino agli ambienti di sinistra presi di mira dalla repressione, fu successivamente accusato di aver chiuso un occhio su questa realtà.

“Aspettavamo che Menotti dicesse qualcosa, facesse un gesto di solidarietà, ma lui non ha detto nulla. È stato doloroso e disgustoso da parte sua. Anche lui faceva politica con il suo silenzio”, lo ha criticato l’ex prigioniero politico e premio Nobel per la pace Adolfo Pérez Esquivel. “Sapevo delle carceri, dell’uso del gegene, non posso essere un idiota. Quello che non avrei mai immaginato era il resto: che buttassero ragazzi dagli aerei, 30mila scomparsi…” si difese nel 2014 alla rivista El Grafico.

“Manette” contro “Bilardisti”

Vincitore nel 1979 del Mondiale Under 20 che rivelò Diego Maradona, Menotti arrivò nel 1982 dopo l’eliminazione dell’Argentina agli ottavi del Mondiale di Spagna. I militari avevano lasciato il potere poco prima, sconfitti nella guerra delle Falkland.

Ha poi frequentato i grandi club argentini (Boca Juniors, River Plate) e spagnoli (FC Barcelona, ​​Atlético Madrid), ma il suo palmares si è arricchito solo di due Coppe e una Supercoppa con il Barça.

Nonostante ciò difende con veemenza la sua filosofia di gioco contro quella, diametralmente opposta, del suo successore alla guida dell’Albiceleste Carlos Bilardo, anche lui campione del mondo nel 1986 e per il quale solo la vittoria è bella, anche a prezzo di un gioco duro. “È come dire che la cosa più importante nella vita è respirare”, ha risposto Menotti.

“Manette” contro “bilardismo”: l’opposizione tra i due uomini che si odiavano cordialmente divide profondamente e durevolmente il calcio argentino. La scuola delle manette vanta eredi illustri: Ricardo La Volpe, Jorge Valdano e Pep Guardiola.

(AFP)

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