La disputa si basa su una decina di parole, delle 45 che compongono il Primo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti – quelle che lo prevedono “Il Congresso non approverà alcuna legge (…) limitare la libertà di espressione». Essi garantiscono questa libertà fondamentale dal 1791, con la libertà di religione, la libertà di stampa, la libertà di riunione e il diritto di petizione al governo. In tempi di assolutismo politico e religioso, queste poche parole fecero della giovane Repubblica una delle più libere del mondo.
Questa libertà di espressione, costitutiva dell’identità americana, è tuttavia diventata lo sfondo di una feroce battaglia in cui si combinano ideologia, interessi economici, accuse di manipolazione, messa in discussione dei media tradizionali e aumento esponenziale della disinformazione. È così che, alla vigilia dell’insediamento di Donald Trump il 20 gennaio, due miliardari proprietari di potenti social network, Elon Musk per X (ex Twitter) e Mark Zuckerberg per Meta (Facebook e Instagram), e con loro il Partito Repubblicano , si pongono come intrattabili difensori della libertà di espressione e assassini della stessa « censura » proveniente da un progressismo presentato come fuorviante che, secondo loro, vorrebbe imbrigliarlo.
Quando ha preso il comando di Twitter nel 2022, Elon Musk, l’uomo più ricco del pianeta, si è presentato come un “assolutista della libertà di espressione”. IL libertà di parola può davvero essere assoluto, quando “oscenità”l’incitamento alla violenza o a commettere atti illegali, tra gli altri, non sono tutelati dalla Costituzione? Nel 2022, questa lettura radicale del Primo Emendamento è stata incarnata da un araldo meno appariscente di Elon Musk nella persona del teorico della cospirazione Alex Jones. Portato in tribunale dai genitori delle vittime per aver negato sul suo sito la strage di massa perpetrata nel 2012 alla scuola elementare Sandy Hook di Newtown, nel Connecticut (aveva assicurato che si trattava di una fase preparatoria per ottenere un maggiore controllo delle armi), era comparso in tribunale con un bavaglio su cui c’era scritto “salvare la libertà di espressione”.
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