“Il 16 ottobre 2020 alle 16:54, nella persona di Samuel Paty, il terrorismo islamista ha raggiunto la scuola, cuore pulsante della Repubblica. Samuel Paty non era un simbolo, non era il martire di nessuna causa. Non aveva scelto di morire in difesa di alcun principio. Ma, grazie a lui, gran parte di ciò che siamo come società è stata raggiunta. Questa Repubblica di insegnanti e professori, di cui tutti i cittadini sono eredi e di cui Samuel Paty è stato l'incarnazione, comincia con la libertà di espressione che non è nulla senza l'educazione offerta a tutti…”
Con queste parole unificanti si apre lunedì 16 dicembre l'atto d'accusa presentato dai due rappresentanti della Procura nazionale antiterrorismo (PNAT), Marine Valentin e Nicolas Braconnay, contro gli otto imputati processati per l'assassinio storico e il professore di geografia Samuel Paty, decapitato a pochi metri dal suo collegio a Conflans-Sainte-Honorine (Yvelines) da un jihadista ceceno di 18 anni, Abdoullakh Anzorov.
Se questo attacco “ha fratturato la nostra società”Entrambi i magistrati sanno che le aspettative dell'opinione pubblica, e ancor più quelle delle parti civili, talvolta si scontrano con la realtà giuridica di una causa. “È possibile che ciò che diremo non corrisponda completamente alle loro aspettative”hanno avvertito. Infatti, alla luce delle sei settimane di dibattiti trascorsi dall'apertura del processo, il pubblico ministero ha chiesto che le accuse contro la metà degli imputati siano riclassificate verso il basso.
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