Pubblicato il 29 giugno 2024 alle 22:04 / Modificato il 29 giugno 2024 alle 22:05
K.O. in piedi, il Festival di Avignone rischia di svolgersi la domenica sera, il giorno successivo alla sua apertura. Se gli istituti elettorali, che per noi sono quello che fu per i greci l’indovino Tiresia, faranno le previsioni giuste, il Raggruppamento Nazionale vincerà a mani basse al primo turno delle elezioni legislative. Con questo trionfo annunciato, è l’ideale stesso di questo grande evento lanciato nel 1947 da Jean Vilar, questo artista che voleva che Shakespeare e Claudel si rivolgessero a tutti, che viene scosso e paradossalmente rianimato.
Questo perché l’incontro di Avignone è un’idea concreta di società. Non è stato pensato, fin dalla sua nascita, come luogo di riconciliazione – dopo l’incubo della guerra – e di democratizzazione della cultura? In questo senso, è la culla di una politica incarnata da André Malraux, questo primo antifascista, un uomo di sinistra diventato gollista, che voleva che l’arte emancipasse tutti gli strati della popolazione.
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