La Francia deve uscire dal silenzio – Libération

La Francia deve uscire dal silenzio – Libération
La Francia deve uscire dal silenzio – Libération
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Mentre tre prigionieri di coscienza sono stati appena condannati alla pena capitale dai mullah, un gruppo di avvocati e presidenti di fondazioni avvertono della mancanza di reazione della Francia, che continua le sue relazioni diplomatiche con il regime in disprezzo dei principi repubblicani e dei nostri impegni internazionali per diritti umani.

La fredda notizia è arrivata la scorsa settimana, a pochi giorni di distanza: tre condanne a morte pronunciate dai mullah. Tre prigionieri di coscienza. Behrouz Ehsani, Mehdi Hassani e Mohammad Javad Vafaï. Nessuna menzione nei nostri media. Siamo diventati insensibili agli orrori che ci circondano? Impotenti di fronte a tanti crimini che passano davanti ai nostri occhi? Troppo assorbiti dalle nostre preoccupazioni locali per diventare indifferenti al destino delle altre nazioni?

Il popolo iraniano non si è lasciato intimidire

Il nostro mondo, paradossalmente, si chiude in se stesso proprio nel momento in cui la cibernetica ci avvicina gli uni agli altri. I nostri destini sono però legati. Abbiamo già dimenticato quanto ci ha scioccato il popolo iraniano durante la rivolta del 2022, dopo la tragica morte di Jina Mahsa Amini? La litania delle morti non si è fermata qui: 750 giovani e bambini sono stati uccisi nelle strade mentre manifestavano. Da allora le esecuzioni si sono moltiplicate nell’indifferenza quasi complice dei nostri media e dei nostri governi.

Di fronte a tanto orrore ci disperiamo. Di fronte a tanta crudeltà ci sentiamo impotenti. Forse credevamo che la rivolta incompiuta del 2022, repressa nel sangue e che non ha rovesciato i mullah, giustificasse il nostro disinteresse. Ma il popolo iraniano non si è lasciato intimidire. Ogni martedì i prigionieri in Iran iniziano uno sciopero della fame per chiedere la fine delle esecuzioni. Questo movimento noto come Martedì contro le Esecuzioni sta crescendo, e nelle carceri come sui muri delle città, lo slogan si sta evolvendo in tutto il paese, da “Donna, Vita, Libertà” in direzione “Donna, Resistenza, Libertà”.

Queste torture furono eseguite con intento genocida.

Il messaggio che ci inviano questi coraggiosi iraniani è chiaro: per raggiungere la vita e la libertà, le donne devono tracciare la loro strada attraverso la resistenza, sostenute da uomini che si ribellano contro l’oppressione dei mullah. Mentre il presidente di quest’ultimo, Massoud Pezeshkian, si è recato alla sede dell’ONU a New York dove ha parlato con il presidente francese, questi prigionieri non si lasciano ingannare e gridano ogni martedì: “Riformatori, conservatori, il vostro gioco è finito”. Un messaggio rivolto anche a noi: non lasciamoci ingannare da questo gioco folle orchestrato dagli oscurantisti che governano l’Iran.

Dall’arrivo del cosiddetto “moderato” Pezeshkian, sono state giustiziate almeno 255 persone. I crimini di questo regime sono rimasti impuniti per troppo tempo. L’ultimo rapporto delle Nazioni Unite, datato luglio 2024 e presentato dal professor Javaid Rehman, ex relatore speciale sulla situazione dei diritti umani in Iran, denuncia decenni di “crimini atroci”: crimini contro l’umanità, genocidi, esecuzioni sommarie, arbitrarie ed extragiudiziali di migliaia di oppositori politici imprigionati.

L’autore del rapporto esorta gli Stati a esercitare la loro giurisdizione universale ed extraterritoriale sui crimini di diritto internazionale commessi in Iran, in particolare durante gli anni ’80 (tra il 1981 e il 1988). Secondo questo rapporto, esistono prove schiaccianti che i massacri, le torture e altri atti disumani commessi contro gli oppositori, in particolare contro i membri dei Mojahedin del popolo (OMPI), sono stati compiuti con intenti genocidi.

Dobbiamo dimostrare che ci rifiutiamo di essere complici

Questi crimini continuano impunemente. I media e i governi in Occidente e in qualsiasi altra parte del mondo hanno la responsabilità di non ignorare le recenti condanne a morte di Mohammad Javad Vafaï, 29 anni, campione di boxe, Mehdi Hassani, 48 anni, e Behrouz Ehsani, 69 anni, arrestati per la loro partecipazione nella rivolta e la loro appartenenza al PMOI, considerata dal regime “apostati” O «monafeghin» (“ipocriti”). La magistratura dei mullah continua i suoi crimini processando altri sette attivisti accusati di appartenere anche loro alle unità della resistenza. Anche loro rischiano la morte.

Dobbiamo mobilitare tutte le nostre forze per impedire queste esecuzioni e dimostrare che ci rifiutiamo di essere complici delle sofferenze inflitte al popolo iraniano. Attraverso queste condanne a morte, il fascismo religioso al potere in Iran cerca disperatamente di instaurare un clima di terrore per prevenire la prossima rivolta che teme profondamente, soffocando la rabbia popolare e le proteste sociali.

Il nostro silenzio, così come il perseguimento di relazioni diplomatiche con questo regime di esecuzioni, chiudendo un occhio su questa tragedia iraniana, tradiscono i nostri principi repubblicani e contraddicono i nostri impegni internazionali per i diritti umani. Queste relazioni devono essere subordinate alla cessazione delle esecuzioni in Iran.

Firmatari:

Domenico Attias Presidente del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Avvocati Europei Patrizio Baldovino Avvocato e presidente onorario della LDH e della FIDH Guglielmo Bordon Avvocato, presidente fondatore dell’associazione Sherpa Jean-François Legaret Presidente della Fondazione per gli Studi sul Medio Oriente (Femo) Jean-Pierre Mignard Avvocato e saggista Gilbert Mitterrand Presidente della Fondazione Danielle-Mitterrand France-Libertés.

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