Fribourgeoise si è trasferita in Place des Gitans, a causa del suo ex

Fribourgeoise si è trasferita in Place des Gitans, a causa del suo ex
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L’imputato non si è presentato martedì davanti al tribunale della Sarine, a Friburgo. Ma poiché questo kosovaro di 35 anni aveva già commesso il delitto a febbraio e le probabilità di trovarlo sono scarse, il presidente Benoît Chassot ha stimato che potrebbe essere “giudicato in contumacia”. Pur essendo presente dal canto suo, la vittima, la sua ex moglie, ha potuto essere intervistata. La sua storia non è ordinaria.

Arrivata qui nel 1994 all’età di 5 anni e avendo la nazionalità svizzera, si è ritrovata sposata dalla sua famiglia all’età di 20 anni con un completo sconosciuto. Tuttavia, la coppia andò a vivere insieme solo due anni dopo, quando la giovane era incinta. “È stato lì che ha scoperto il suo vero volto: quello di un tiranno, violento, egoista e senza il minimo rispetto per gli altri e per le leggi svizzere”, descrive il procuratore Raphaël Bourquin.

Il marito avrebbe fatto passare alla moglie un inferno: percosse, minacce, insulti, pressioni psicologiche, stupri e abusi sessuali. Alla fine, nel maggio 2019, ha sporto denuncia e ha interrotto la relazione, nonostante le minacce del suo ex. Ciò che però questa giovane donna, che durante tutto il processo rimase in lacrime, non sapeva era che lui aveva ancora in serbo per lei una spiacevole sorpresa.

Circa sei mesi dopo la rottura, ha iniziato a ricevere multe a nome dell’azienda di pittura che il signor aveva aperto a suo nome, la sua nazionalità svizzera ha semplificato il processo. Nonostante avesse chiuso l’azienda poco dopo la separazione, il kosovaro, nella sua qualità di dirigente, aveva avuto il tempo di espletare, dietro compenso, decine di richieste di permessi di circolazione e targhe di veicoli appartenenti a viaggiatori. Ignari della loro esistenza, i friborghesi non avevano fatto cancellare queste targhe e “con esse sono stati commessi numerosi reati”, constata la Procura della Repubblica.

Per quest’ultimo la colpa dell’imputato è pesante. Ha chiesto sette anni di reclusione, nonché l’espulsione dalla Svizzera per un periodo di dodici anni. La difesa, però, ha chiesto l’assoluzione. Nella sua memoria, l’avvocato dell’imputato ha accusato duramente la vittima. Insomma, lo accusa di aver inventato tutto, o quantomeno di aver esagerato, pur di impedire al suo cliente di vedere sua figlia. Quanto alle targhe, l’imputato, che ha già una decina di condanne al suo attivo, non sarebbe a conoscenza di nulla. La sentenza verrà emessa più tardi.

Nell’accusa la procedura per la determinazione delle targhe è descritta come segue: l’imputato ha ricevuto sul cellulare le foto delle carte di immatricolazione dei veicoli da registrare. Ha quindi contattato una compagnia di assicurazioni per richiedere, a nome della sua compagnia, un certificato, che è stato poi inviato all’OCN. Ciò è stato sufficiente per la creazione di una nuova autorizzazione alla circolazione e per il rilascio delle targhe. L’imputato li ha poi trasmessi ai suoi clienti.

Infine, essendo la moglie titolare dell’azienda, è lei ad essere ritenuta responsabile degli atti compiuti dal suo dirigente ed ex marito. Inoltre, poiché i veicoli immatricolati sono intestate alla società, le sanzioni derivanti dai reati da essi commessi vengono indirizzate alla società. È stata anche condannata da diversi ordini penali ed è stata sottoposta a procedimento giudiziario.

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