“Si chiamava Doll”: un romanzo cupo senza tempi morti, per il massimo piacere del lettore

“Si chiamava Doll”: un romanzo cupo senza tempi morti, per il massimo piacere del lettore
“Si chiamava Doll”: un romanzo cupo senza tempi morti, per il massimo piacere del lettore
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Ex ufficiale della Marina e della polizia di Los Angeles diventato detective di giorno e guardia di sicurezza di notte, il suo personaggio di Hank Doll è un essere solitario, scontroso da morire, che, fortunatamente, in nessuna situazione si discosta dalla sua malizia e dal suo umorismo salvifico. . Quest’uomo ha una sola parola e, soprattutto, un ricordo grato. Sa che deve la vita a Lou Shelton, che un giorno prese il proiettile destinato a lui. In cattive condizioni di salute, rischiando la dialisi che, secondo le sue parole, lo manderebbe nel braccio della morte, Lou chiede a Hank di donare un rene. Sapendo quanto gli deve, Hank esita un po’, eppure troppo: quando Lou si presenterà a casa sua ferito a morte, non potrà fare nulla per lui. Prima di morire, Lou fa appena in tempo a sussurrare il suo ultimo desiderio: vendere il diamante che gli ha regalato e passare il denaro a sua figlia.

Ignobile

Portandoci nel ventre di Los Angeles, Jonathan Ames confronta Hank con una serie di personaggi, uno più spaventoso dell’altro. Incapace di lasciare impunito l’omicidio del suo più vecchio amico, si imbarca in un’indagine pericolosa, seguendo le orme di una rete di trafficanti di organi pronti a tutto pur di portare avanti i loro ignobili affari. Si lancia quindi una corsa contro il tempo, alla quale il romanziere si lancia in circa 48 ore. Basti dire che questa azione ricca di azione, i cui numerosi colpi di scena ti terranno fino alla fine, si svolge senza tempi di inattività, per il massimo piacere del lettore.

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Una madre morta mentre lo dava alla luce, un padre sempre arrabbiato con lui per averla uccisa: Hank è cresciuto lentamente. Di origini irlandesi, appassionato lettore, ha coltivato amicizie sulle quali sa di poter contare. Come questo personaggio complesso e ben definito (che vede un terapeuta quattro volte a settimana), che ritrae contro i luoghi comuni, Jonathan Ames (New York, 1964) ha scritto un romanzo che celebra con ardore le relazioni umane. È ovviamente buio e disseminato di cadaveri, ma in queste pagine c’è un calore e una generosità che ci piacciono. Senza dimenticare dialoghi gustosi. Da uno che a Hollywood è anche sceneggiatore non ci aspettavamo niente di meno!

Il suo nome era Doll | Romanzo oscuro | Jonathan Ames | tradotto dall’inglese (Stati Uniti) da Lazare Bitoun | Edizioni Joëlle Losfeld | 222 pagg. 23€, digitale 17€

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