Bass e Pignon-Ernest per l’ampiezza del gesto

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Dè difficile distinguersi dalla massa tra le centinaia di uscite letterarie che accompagnano i Giochi Olimpici di Parigi 2024. In mezzo ai bellissimi libri rivestiti di foto viste e recensite, Pierre-Louis Basse ed Ernest Pignon-Ernest offrono un contrappunto ricco di. sfumature di grigio. “The Gold Rush” unisce il carboncino millimetrico dell’artista visivo con la penna erudita del radioamatore e scrittore appassionato di sport.

La squadra è al servizio di immensi campioni che hanno servito la loro disciplina e cause che vanno oltre l’arena delle loro imprese. Il primo di loro non poteva che essere l’americano Jesse Owens, vincitore di quattro medaglie d’oro ai Giochi di Berlino del 1936. Un uomo di colore così inquietante per il nascente nazismo che aveva sognato altri eroi per le sue Olimpiadi.


Ernest Pignon-Ernest e i suoi atleti in carboncino.

In evidenza

Il capitolo si apre con un disegno a pennarello nero, uno schizzo in cui i lineamenti smaglianti di Pignon-Ernest raccontano l’esordio strepitoso del campione dell’Alabama. Lo stesso slancio è riprodotto a carboncino nelle pagine successive con un tratto sempre più forte che ogni volta rinforza ulteriormente la muscolatura dell’atleta.

La Guerra Fredda come filo conduttore

La stessa operazione ci permetterà di sviscerare un centinaio di pagine più in là l’impensabile tecnica di Dick Fosbury, l’uomo che per primo ebbe l’idea (e il coraggio) di affrontare la sbarra del salto in alto dando le spalle. La manovra nata in Messico nel 1968 porta oggi il suo nome.


Il nuotatore Michael Phelps, 22 medaglie di cui 18 titoli ai Giochi di Atene, Pechino e Londra.

Ernest Pignon-Ernest

Come lui, la rumena Nadia Comaneci ha intitolato alcune delle sue incredibili sequenze dei Giochi del 1976. La Piccola Fata di Montreal è uno di questi bellissimi ritratti di Pierre-Louis Basse che tessono uno dei fili conduttori di questo libro: il soft power dello sport. durante la Guerra Fredda.

Con Comaneci, il calciatore ungherese Ferenc Puskas, che lasciò Budapest nel 1956 dopo la repressione sovietica, il colosso Vassili Alexeiev e le sue imprese nel sollevamento pesi, o il triste destino del maratoneta cecoslovacco Emil Zatopek dopo il suo raccolto a Helsinki nel 1972, ci ricordano regolarmente dietro la Cortina di ferro.

Mimoun, Pérec, Riner…

Il culmine forse risiede nella feroce sfida tra URSS e Ungheria nella semifinale di pallanuoto dei Giochi di Melbourne. Alcune settimane dopo la morte di 5.000 persone a Budapest, l’ungherese Ervin Zador subì lì un turbamento memorabile. “La mente di Coubertin stava imbarcando acqua. E la flotta era rossa», riassume bene Pierre-Louis Basse mentre Pignon-Ernest frantuma la sua mina in grandi strisce marroni sulla superficie ondulata dell’acqua.

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Ernest Pignon-Ernest / La corsa all’oro / In esergo

Tra gli altri importanti fatti storici, la “Corsa all’oro” racconta anche la storia dell’eterna lotta degli atleti neri contro il razzismo. Non manca infine di raccontare le glorie tricolori, da Marie-Jo Pérec a Teddy Riner, da Colette Besson ad Alain Mimoun, la cui sofferenza si legge nei tratti di matita dell’illustratore.

Un libro di grande ricchezza estetica che ci ricorda che i Giochi sono molto più che uno sport. Dipinti iconici legati alla nostra storia collettiva.

“La corsa all'oro”, Pierre-Louis Basse e Ernest Pignon-Ernest, Editions En Exergue, 240 p., € 39,90


“La corsa all’oro”, Pierre-Louis Basse e Ernest Pignon-Ernest, Editions En Exergue, 240 p., € 39,90

In evidenza

“La corsa all’oro”, Pierre-Louis Basse e Ernest Pignon-Ernest, Editions En Exergue, 240 p., € 39,90

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