Joe Biden può essere escluso dalle elezioni presidenziali?

Joe Biden può essere escluso dalle elezioni presidenziali?
Joe Biden può essere escluso dalle elezioni presidenziali?
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Resta il fatto che la performance incerta di Joe Biden ha improvvisamente ravvivato le preoccupazioni legate all’età del candidato democratico (81 anni, ma giovedì sera sembrava essere molto più vecchio). Tanto che ora si sentirebbero voci all’interno del Partito che chiedono “un’altra strategia” – intendiamoci un cambio di candidato. Quattro mesi prima delle elezioni sarebbe una scommessa rischiosa, ma l’approccio è tecnicamente possibile, soprattutto prima della Convenzione Nazionale Democratica nella quale spetterà investire formalmente il biglietto presidenziale.

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Il miglior candidato

A patto che Joe Biden sia d’accordo, perché è estremamente difficile, se non impossibile, detronizzare contro la sua volontà un contendente che può vantare un ampio consenso, soprattutto un presidente uscente che ha vinto, senza opposizione, tutte le primarie. Tuttavia, il diretto interessato si è sempre rifiutato di prendere in considerazione tale possibilità, scegliendo di ricandidarsi anche se molti gli avevano attribuito l’intenzione di scontare un solo mandato e preparando la sua successione a beneficio di Kamala Harris. Fino al dibattito ha finto di considerarsi il miglior candidato possibile contro Donald Trump.

Lo shock di giovedì sera metterà finalmente fine a questa vanità? Se così fosse, qualora Biden decidesse di gettare la spugna, spetterebbe alla Convenzione nominare, a maggioranza dei suoi delegati, un altro candidato. Dal 19 al 22 agosto sono attesi a Chicago poco più di 4.500 delegati. Tra questi, circa 700 “superdelegati” (dignitari e funzionari eletti del Partito) che ora hanno diritto di voto solo se senza il loro voto non emerge alcuna maggioranza.

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Prima del 7 agosto

I democratici, però, dovrebbero tagliare il nodo gordiano un po’ prima a causa di un ostacolo imprevisto. Le autorità dell’Ohio (ogni Stato è sovrano nell’organizzazione delle elezioni) chiedono infatti di conoscere i candidati alle presidenziali del 7 agosto. Coloro che non rispettano la scadenza non potranno candidarsi in questo stato del Midwest e perderanno i suoi 17 “elettori”. Anche se questo tradizionale “swing state” ora tende verso il lato repubblicano, la questione non può essere automaticamente trascurata.

Ciò lascerebbe ai democratici due mesi per trovare un nuovo candidato. Kamala Harris non avrebbe alcun privilegio, a parte la notorietà che le ha portato la vicepresidenza, e concorrerebbe alla pari di altri possibili contendenti. Si fanno già diversi nomi, oltre a Harris: la senatrice del Minnesota Amy Klobuchar e il collega afroamericano del New Jersey Cory Booker, oltre ad almeno quattro governatori: Gretchen Whitmer (Michigan), Roy Cooper (North Carolina), Wes Moore (Maryland) e Gavin Newsom (California). In quest’ultimo caso, un ticket con Kamala Harris sarebbe escluso a priori, poiché il 12° emendamento della Costituzione vieta agli elettori di votare per un presidente e un vicepresidente residenti nel loro stesso Stato. I democratici però non possono rinunciare ai 54 “elettori” della California, il montepremi di ogni elezione presidenziale.

Tutto questo in teoria perché cambiare candidato all’ultimo minuto equivarrebbe, per i democratici, a riconoscere un’iniziale mancanza di giudizio che i loro avversari repubblicani presto assimilerebbero all’incompetenza sinonimo di incapacità di governare. La manovra rischierebbe anche di disorientare gli elettori che dovranno mettere in conto anche la presenza di un terzo uomo qualora restasse in corsa, Robert Kennedy Jr, che già si diceva fosse in grado di confondere le acque.

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