Le Galapagos combattono l’inquinamento da plastica – rts.ch

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Vero paradiso della biodiversità, le Galapagos non sono immuni dall’inquinamento da plastica. Gli abitanti dell’arcipelago ecuadoriano si stanno mobilitando per ripulire le spiagge dai rifiuti, a volte minuscoli, che ritornano dall’Oceano Pacifico.

Un sabato, dopo essersi alzati alle 5 del mattino e aver camminato per 40 minuti, gli adolescenti del club di ecologia arrivarono al luogo di studio. A Tortuga Bay, una spiaggia di sabbia fine sull’isola di Santa Cruz, incontriamo iguane, cuccioli di squalo martello, ma anche numerose particelle di plastica…

“Da dove viene tutto questo?”, chiede ai ragazzi la facilitatrice della fondazione Ecos che accompagna il gruppo, Anne.

“Proviene dalle maree che portano con sé la plastica e si degrada in piccole particelle che troviamo ovunque sulla spiaggia”, ha risposto Kamila, 17 anni.

Sabbia setacciata

Un secchio d’acqua, una cornice disegnata nella sabbia e inizia la raccolta per l’adolescente e le sue amiche. “Passano la sabbia attraverso i setacci, la immergono in un secchio d’acqua e, poco a poco, vediamo i residui di plastica”, descrive.

Conservati in provette, i residui verranno poi ristudiati. Alcuni risultati verranno trasmessi ai ricercatori, nell’ambito di un progetto di citizen science.

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“È un lavoro meticoloso”

“Raccogliere dati ci aiuta a individuare dove c’è più inquinamento, le zone più colpite. È un lavoro meticoloso. Ma ne vale la pena, perché sappiamo che stiamo aiutando l’ambiente e che stiamo aiutando l’ambiente. Eliminiamo tutto questo plastica dagli oceani e dalle bellissime spiagge delle Galapagos”, sottolinea Kamila. Dopo diversi mesi di workshop, i giovani acquisiscono conoscenze sull’inquinamento causato dalla plastica.

“È un problema che in futuro dovranno gestire molto più di noi”, spiega Maria Luisa, co-conduttrice del workshop.

La pulizia di questa spiaggia molto frequentata avviene regolarmente grazie al Parco Nazionale e alle associazioni. Ogni anno vengono raccolte circa 16 tonnellate di rifiuti. È un lavoro senza fine, da rinnovare con ogni nuova marea.

Diversi secoli per decomporsi

Dall’altra parte dell’isola, sacchi di juta in mano, i giovani volontari dell’associazione Frente Insular, come Roberto, non devono fare altro che chinarsi per raccogliere i rifiuti.

“Sulla cassa abbiamo oggetti di plastica, coperchi, reti, bottiglie che ci arrivano dalle maree”, elenca.

I tempi di decomposizione della plastica sono molto lunghi, sottolinea Alberto, fondatore dell’associazione: “Stiamo parlando dai 300 ai 500 anni. Non vivrò abbastanza per verificare che sia vero”, dice.

Rifiuti che viaggiano

L’origine di alcuni rifiuti è intrigante. “Queste bottiglie, ad esempio, provengono da marchi asiatici”, osserva. Le correnti marine trasportano i rifiuti dalle coste del Perù, dell’Ecuador e della Colombia.

Numerosi studi hanno affrontato anche la questione dei rifiuti asiatici. “Ci sono flotte da pesca asiatiche, soprattutto cinesi, che sono, per così dire, città galleggianti, situate alla periferia della riserva marina delle Galapagos”, spiega Juan Pablo Munoz-Perez, ricercatore presso l’Università di Quito-Galápagos. “E ovviamente scaricano i loro rifiuti in mare. Ma è importante sottolineare che questo potrebbe essere facilmente controllato.”

Oltre alla minaccia esterna, la gestione dei rifiuti alle Galapagos è una sfida, a causa della demografia e del turismo. Vi vivono infatti 30.000 persone, un numero in crescita, e lo scorso anno sono stati più di 300.000 i turisti che hanno visitato l’arcipelago.

Iguane sulla spiaggia di Tortuga Bay, isola di Santa Cruz, 26 giugno 2023. [AFP – ERNESTO BENAVIDES]

Agire contro l’inquinamento

“Per affrontare meglio questo problema, dobbiamo gestire meglio i nostri centri di raccolta differenziata e di gestione dei rifiuti”, sostiene lo scienziato.

L’arcipelago, di cui il 97% del territorio è protetto, vieta l’uso di posate, sacchetti e cannucce di plastica. Ma bisogna fare di più, e su scala globale, secondo questo ricercatore: “Il problema si genera sulla terra. Una volta che i rifiuti sono in mare, è troppo tardi. Dobbiamo quindi prendere sul serio il problema, alla radice”.

Un’azione necessaria per proteggere la biodiversità, perché iguane, tartarughe e leoni marini, tra gli altri, vengono feriti e soffocano a causa dei residui di plastica.

Per quanto riguarda le microplastiche, gli effetti sono ancora poco conosciuti. Una cosa però è certa: alle Galapagos sono già stati rinvenuti frammenti nello stomaco di 52 specie protette.

Servizio radiofonico: Juliette Chaignon

Adattamento web: amico

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