Cronaca economica –
Equilibrio monetario pericoloso
Giovedì scorso la Banca nazionale svizzera ha abbassato il tasso di riferimento. Cosa significa questo? Riflessione.
Pubblicato oggi alle 10:15
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La notizia ha scosso il landernau, ma con il senno di poi dovremmo considerarla praticamente insignificante: la Banca nazionale svizzera ha abbassato il suo tasso di riferimento giovedì scorso (il che in fondo non è una novità, come ci si aspettava). Ma invece di abbassare il tasso di un quarto di punto come al solito, la BNS lo ha ridotto “coraggiosamente” di mezzo punto, all’1%, come pochi si aspettavano. Il grosso problema?
Rimaniamo però in prossimità di tassi bassi, addirittura quasi inesistenti, che ovviamente fanno la gioia di mutuatari di ogni tipo, a cominciare dai debitori ipotecari, tanto quanto infastidiscono i risparmiatori, frustrati di doversi accontentare di una remunerazione che copre appena, se tuttavia, le loro spese bancarie.
In sostanza, conosciamo le ragioni per cui le banche centrali hanno agito: l’inflazione, per il momento, è diminuita significativamente (nel lungo termine, bisognerà vedere); la situazione economica, a parte quella americana, non è rosea, anzi cupa; Infine, il franco, per quanto riguarda il caso svizzero, ha mostrato una tendenza al forte rialzo anche se era già elevato e cominciava a far gemere i giunti industriali già provati. Tutto ciò giustificava quindi una certa assunzione di rischi. Rischio, perché portare il tasso di riferimento troppo vicino allo zero assoluto riduce lo spazio di manovra a disposizione per le azioni successive, quando l’orizzonte sarà davvero offuscato.
Ma il rischio, ancora una volta, è abbastanza moderato, perché un quarto di punto percentuale in più non cambia radicalmente i dati economici. Per apprezzare cosa siano i veri shock ciclici o monetari dobbiamo fare riferimento al periodo del Covid o, ancora più indietro nel tempo, a quelli delle crisi finanziarie di inizio secolo. Tuttavia i mercati finanziari si sono apprezzati, il mercato azionario è salito e il franco si è leggermente deprezzato nei confronti dell’euro e del dollaro.
Più fondamentalmente, tuttavia, dobbiamo considerare il dilemma monetario che la BNS si trova costantemente ad affrontare. Perché abbassare il tasso di riferimento per rallentare il rialzo del franco e sostenere l’economia è antitetico all’obiettivo di lotta all’inflazione, che suggerisce al contrario di alzarlo per rallentare l’economia, ma che allo stesso tempo contribuisce a far salire il franco .
Dovremmo quindi dedurre che, se la riduzione del tasso di riferimento è più pronunciata del previsto, è perché le preoccupazioni economiche sono ora dominanti nell’analisi della BNS? È possibile, perché gli affari non vanno tanto bene in Germania e vanno in disordine in Francia, due paesi che assorbono ancora il 25% delle nostre esportazioni, molto più avanti ad esempio degli Stati Uniti (10%).
Allo stesso tempo, possiamo mettere in discussione la vera natura dell’inflazione residua riflessa dagli indici dei prezzi. Per i servizi domestici persiste un certo aumento dei prezzi, poco influenzato dalle variazioni del tasso di cambio (la caduta dei prezzi dei prodotti importati, che costituiscono input per l’industria, non ha alcun impatto sul “costo di produzione” dei servizi) e poco sensibile alla politica monetaria (molti dei prezzi di questi servizi sono, come si suol dire, “amministrati”, poiché fatturati dai servizi pubblici). I servizi gravano però pesantemente sui bilanci delle economie domestiche e, in particolare, i premi delle casse malati e gli affitti difficilmente beneficiano del franco forte. E quindi sfuggono in gran parte allo spettro d’azione della politica monetaria.
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