Il tempo tipico di rinnovo di un veicolo da parte di un produttore era di circa 7 anni negli anni 2000 e 2010, a volte anche un po’ di più, quando le vendite andavano ancora bene e le norme non obbligavano i produttori a modificare tutto, soprattutto in termini di sicurezza attiva. Ma questi tempi di sviluppo si sono ridotti drasticamente negli ultimi 20 anni, dato che siamo passati da 8 a… 5 anni in media, secondo i dati forniti dai colleghi di La nuova fabbrica.
Un’accelerazione che dobbiamo a due cose: il notevole progresso delle tecnologie sui veicoli elettrificati, che costringe i brand a rinnovarsi più rapidamente, e standard, ad esempio quelli di sicurezza (GSR 2), che talvolta rendono obsoleti modelli ancora del tutto aggiornati. Ma bisogna aggiungere anche la volontà dei produttori di lanciare nuovi modelli sempre più velocemente, anche se questo significa essere meno rigorosi nello sviluppo, in particolare del software, o addirittura esternalizzare il più possibile i progetti per ridurre i tempi di ricerca e sviluppo. Questo vale anche per l’Ami, che non è propriamente una Citroën poiché è stato Capgemini a curarne lo sviluppo, quasi dall’inizio alla fine. Ma quello che si può applicare ad una micro-city car senza patente potrà un giorno essere applicato ad una berlina o ad un Suv compatto? Questo non può essere escluso.
La prototipazione e i test in condizioni reali, che ancora esistono, hanno però in parte lasciato il posto a nuovi strumenti di test termodinamici digitali, che permettono di verificare la resistenza alle sollecitazioni di materiali, fluidi e altri componenti di un veicolo. Ciò ha permesso di accelerare gli sviluppi. Ma il tempo di esercizio rimanente, che non può essere ridotto, è stato inevitabilmente ridotto un po’ a favore del test “virtuale” di motori, rodiggi e altre parti sul software, per poter passare da 8 a 5 anni in media per un nuovo modello . Del resto ne parla la stessa Siemens, che è lo sviluppatore del Simcenter utilizzato da alcuni produttori “due volte più veloce nello sviluppo del modello”. Grazie IT.
Esternalizzare il software
Il lancio della Volkswagen ID.3 è stato l’esempio perfetto di ciò che oggi rappresenta un problema per i produttori: gestire milioni di righe di codice quando la loro professione non è, originariamente, l’informatica. Di fronte a un simile muro, che richiede l’assunzione di migliaia di ingegneri specializzati in un mercato già competitivo, con società di servizi IT e altre aziende del settore dell’IT, alcuni gruppi hanno scelto la “via più semplice” delegando la parte di infotainment e talvolta anche un po’ di più ai giganti della tecnologia. Renault, Volvo e altri hanno notevolmente integrato Google in modo nativo. Il risultato parla chiaro: funziona bene, e buone le rimonte dal campo, quando le rivali sono sotto.
L’outsourcing, però, ha i suoi limiti poiché, in caso di problemi, sarà necessario rivolgersi alla persona preposta. E col passare del tempo, la portata dell’outsourcing aumenta. I produttori di apparecchiature, infatti, sono più che mai al centro della progettazione di nuovi modelli. La crescente complessità delle automobili costringe i produttori a delegare. Ma che dire del monitoraggio a lungo termine dell’intera parte del software integrato? E per quanto tempo saranno garantiti gli aggiornamenti, sapendo che la sicurezza informatica sta diventando un problema? Sugli smartphone i migliori, come Google sulla sua gamma di cellulari, garantiscono circa 7 anni di monitoraggio del software. Nulla è assicurato per il momento sul fronte automobilistico…
L’auto usa e getta?
Come se non bastasse, nell’era delle applicazioni, dei sensori di ogni tipo e dell’intelligenza artificiale, bisogna aggiungere il prezzo dei pezzi di ricambio. Alcuni, comunque. I casi di VEI (veicolo economicamente irreparabile) potrebbero moltiplicarsi nel medio termine, se non si farà nulla per controllare i costi post-vendita. Diverse migliaia di euro per luci a led, parabrezza costosissimi con telecamere da ricalibrare in caso di cambio, strumentazione digitale che, in caso di malfunzionamento, richiederà un cambio completo dello schermo… Resta interessante il parallelo con gli smartphone: i prezzi i costi di sostituzione della batteria o dello schermo dei telefoni moderni sono spesso così elevati da spingere i clienti a optare per un nuovo modello. Per l’ecologia, torneremo.
Ieri il nemico dell’auto usata era la ruggine, che la stava lentamente uccidendo. Oggi non esiste più la corrosione o quasi i grandi guasti meccanici, le lavorazioni meccaniche e i progressi della metallurgia hanno permesso di controllare meglio le dimensioni dei pezzi e ridurre le tolleranze. L’elettronica e l’informatica saranno la ruggine del futuro? L’obsolescenza e il prezzo proibitivo delle parti visibili potrebbero infatti diventare, a lungo termine, un problema sul mercato dell’usato. E, mentre l’Europa sostiene lo sviluppo sostenibile e l’economia circolare, l’auto “tipica” in uscita oggi sembra prendere una strada molto diversa.