L’UE critica il deficit di bilancio della Francia in piena campagna elettorale

L’UE critica il deficit di bilancio della Francia in piena campagna elettorale
L’UE critica il deficit di bilancio della Francia in piena campagna elettorale
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Anche Italia, Belgio, Ungheria, Polonia, Slovacchia e Malta sono minacciate da una procedura da parte della Commissione europea.

Mercoledì la Commissione europea ha aperto la strada a procedure per deficit pubblico eccessivo nei confronti di sette paesi dell’UE, tra cui la Francia, dove le promesse di spesa sono in aumento a due settimane dalle elezioni legislative.

Oltre alla Francia, queste procedure “sono giustificate” per Italia, Belgio, Ungheria, Polonia, Slovacchia e Malta, ha annunciato la Commissione. La Romania era già soggetta a questa procedura disciplinare dal 2019.

L’anno scorso, questi paesi hanno superato il limite del deficit pubblico fissato al 3% del prodotto interno lordo (PIL) dal Patto di stabilità, che limita anche il debito al 60% del PIL. Dovranno adottare misure correttive per rispettare le regole di bilancio dell’Unione europea in futuro, pena sanzioni finanziarie.

Formalmente, l’esecutivo europeo proporrà agli Stati membri di aprire le procedure in una futura riunione dei ministri delle Finanze del 16 luglio.

Queste regole sono state sospese dopo il 2020 a causa della crisi economica legata al Covid e poi della guerra in Ucraina. Sono stati riformati e riattivati ​​quest’anno.

“Questo non significa un ‘ritorno alla normalità’ perché non viviamo tempi normali e tanto meno un ‘ritorno all’austerità’, perché sarebbe un terribile errore”, ha affermato il commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni, richiamando per la “prudenza di bilancio” di fronte ai rischi geopolitici.

Il Patto di stabilità prevede in linea di principio sanzioni finanziarie pari allo 0,1% del Pil all’anno per i paesi che non attuano le correzioni imposte, ovvero quasi 2,5 miliardi di euro nel caso della Francia.

In realtà, queste punizioni politicamente esplosive non furono mai applicate.

La Francia, il cui ultimo surplus di bilancio risale al 1974, è stata coinvolta in una procedura di disavanzo eccessivo per la maggior parte del tempo sin dalla creazione dell’euro all’inizio degli anni 2000, ma ne è uscita nel 2017.

Mettere in discussione le riforme

Il Paese, nel mirino delle agenzie di rating, è in crisi politica dallo scioglimento dell’Assemblea nazionale deciso dal presidente Emmanuel Macron dopo la sconfitta del suo partito alle elezioni europee del 9 giugno.

I tassi di indebitamento nella seconda economia più grande d’Europa sono improvvisamente aumentati e la Borsa di Parigi è crollata in mezzo all’instabilità.

Anche le opposizioni di estrema destra e sinistra, in testa nei sondaggi, prevedono di aprire ampiamente il rubinetto della spesa, ma anche di invertire le emblematiche riforme delle pensioni e del mercato del lavoro raccomandate da Bruxelles.

Quanto basta per compromettere la promessa di Parigi, già considerata poco credibile, di tornare nel 2027 sotto la soglia del 3% per quanto riguarda il deficit.

Si profilano già scontri politici tra Roma e Parigi, da un lato, e la Commissione e i paesi più esigenti nel rispetto delle regole di bilancio, tra cui la Germania, dall’altro.

Correggere gli slittamenti sarà in ogni caso difficile in un contesto di bassa crescita e tensioni geopolitiche. Le finanze pubbliche sono ampiamente utilizzate per sostenere l’Ucraina contro la Russia, ma anche per investire nella transizione verde di fronte al riscaldamento globale.

Le regole europee impongono ai paesi con deficit eccessivi di ridurre il deficit di un minimo di 0,5 punti all’anno, il che richiede un massiccio sforzo di austerità.

Entro ottobre i Ventisette dovranno inviare a Bruxelles i propri piani di bilancio pluriennali che saranno esaminati dalla Commissione e dal Consiglio, l’organo degli Stati membri. A novembre Bruxelles darà le sue raccomandazioni per il risanamento dei conti pubblici.

I deficit più elevati dell’Ue sono stati registrati lo scorso anno in Italia (7,4% del Pil), Ungheria (6,7%), Romania (6,6%), Francia (5,5%) e Polonia (5,1%).

Il Patto di Stabilità è stato adottato nel 1997 in previsione dell’arrivo della moneta unica il 1° gennaio 1999. Rispondendo alla preoccupazione della Germania di impedire ai paesi membri di perseguire politiche di bilancio permissive, stabilisce un obiettivo di equilibrio contabile.

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