e se la Corte Europea avesse torto?

e se la Corte Europea avesse torto?
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Il rapporto della Corte dei conti europea è cruento. Secondo i saggi di Bruxelles, l’UE non è pronta per passare alle auto elettriche al 100% nel 2035. Così sia. Solo che le ragioni addotte dalla Corte sono a dir poco oscure.

L’organismo deplora in particolare, a sostegno delle sue cupe previsioni, il fatto che i produttori non siano riusciti a ridurre le emissioni di C02 dei loro motori termici, aggiungendo “che oggi emettono le stesse quantità di dodici anni fa”, come ha detto all’AFP uno degli autori del rapporto, Nikolaos Milionis. Secondo la Corte: se l’industria automobilistica non è stata in grado di ridurre le emissioni dei suoi motori termici, come potrebbe mantenere i propri impegni in termini di passaggio completo all’elettrico?

I produttori sono somari del termico, rimarrebbero tali nel settore elettrico

La deduzione è curiosa, perché l’organismo europeo sembra dimenticare un piccolo dettaglio. L’ibridazione si sta diffondendo sui motori termici, siano essi leggeri o più pesanti, ricaricabili o meno. Del resto, i Saggi riconoscono ancora a malincuore un declino a partire dal 2020, data che corrisponde esattamente, più o meno, a questa democratizzazione dell’ibrido.

Altro elemento di cui il rapporto non tiene assolutamente conto: se i costruttori hanno trascurato lo sviluppo di nuovi motori termici, ancora più puliti, è proprio perché hanno concentrato completamente la loro ricerca e sviluppo, i loro uomini e le loro risorse, per rispettare la scadenza del 2035, con Si parla di cifre assolutamente pazzesche investite in questo settore, come i 170 miliardi di euro per il solo gruppo Volkswagen.

La Corte dei conti non attacca solo i produttori, anche il Parlamento e la Commissione prendono posizione.

Ma questa non è l’unica critica rivolta al settore e ai leader europei. La Corte deplora inoltre: “l’assenza di una tabella di marcia precisa e stabile” riguardo ai carburanti alternativi. Sotto questo termine i revisori includono, in blocco, i biocarburanti, l’idrogeno e i famosi combustibili sintetici. Come se l’organizzazione ignorasse, o facesse finta di ignorare, l’impasse che costituiscono queste alternative, nonostante siano state ampiamente dimostrate da tutti i ricercatori che si sono occupati di questi ambiti.

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L’idrogeno, e la sua difficoltà di produzione, così come il suo costo energetico, lo riservano, almeno a medio termine, ai veicoli pesanti e ai servizi pubblici. Per quanto riguarda i biocarburanti, gli ecologisti e i leader dei paesi europei riconoscono che essi mobilitano troppe terre coltivabili. soprattutto in un momento in cui l’autosufficienza alimentare è sulla bocca di tutti. Quanto al carburante sintetico, il cui prezzo al litro oscilla tra i 3 e i 5 euro, potrebbe, nella migliore delle ipotesi, essere destinato a pochi pochi felici probabilmente potranno permettersi le rare supercar che potranno quotare dopo il 2035, grazie all’emendamento Ferrari.

Gigafactory in ritardo e terminali troppo disparati

Sulla base di queste sentenze, la relazione della Corte dei Conti Europea deduce quindi, per una curiosa logica, che il termine ultimo per la transizione al tutto elettrico sarà “pieno di pericoli” e anche quello “La scommessa potrebbe essere persa”. Perché, secondo il ragionamento già menzionato, i produttori, non avendo fatto il necessario per ridurre le emissioni termiche, riprodurranno lo stesso errore con l’elettrico, ovviamente. E perché “Il 76% delle batterie proviene dalla Cina”. Per quanto riguarda la costruzione di gigafactories nel vecchio continente, “Sono in ritardo”. Lo stesso vale per la rete di stazioni di ricarica: “è troppo disparato”. Una sfida per l’Unione Europea così come per i suoi Paesi membri.

Forse la Corte vorrebbe che l’intero settore fosse pronto a cambiare domani mattina, quando restano undici anni per farlo. Forse ignora anche i progressi compiuti dalle auto a batteria negli ultimi dieci anni, e i progressi che sicuramente continueranno a fare.

Resta il fatto che, quando Nikolaos Milionis spiega alla stampa che lui “non intende influenzare la prossima campagna europea”, non farebbe diversamente se volesse, con la sua relazione alla carica, avvantaggiare i populisti europei che criticano l’auto elettrica. E creare instabilità che, più che ritardi nelle infrastrutture di ricarica, può rallentare il cambiamento nel settore automobilistico.

Questa instabilità è ciò che teme più di ogni altra cosa Carlos Tavares, che la settimana scorsa ci ha detto che se è oggi in fase di transizione verso l’elettrico, temeva più di ogni altra cosa i messaggi contraddittori provenienti da Bruxelles. La sua paura viene servita su un piatto dalla Corte dei conti europea.

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