l’omicidio di Ginette Naime sul punto di essere risolto 25 anni dopo

l’omicidio di Ginette Naime sul punto di essere risolto 25 anni dopo
l’omicidio di Ginette Naime sul punto di essere risolto 25 anni dopo
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25 anni fa, Ginette Naime fu uccisa da diverse coltellate a Ollioules (Var).

Questo giovedì un uomo di 61 anni è stato incriminato per l’omicidio di questa madre.

Sono i progressi delle tecniche scientifiche che hanno permesso di far parlare il DNA trovato sotto le unghie della vittima.

È nel centro “casi freddi” di Nanterre che questo giovedì sera un uomo è stato incriminato e posto in custodia cautelare per l’omicidio di Ginette Naime, avvenuto nell’aprile del 2000 a Ollioules (Var). Venticinque anni dopo la morte di questa tranquilla badante di 46 anni, il cui corpo è stato ritrovato con nove coltellate, la sua famiglia forse avrà finalmente delle risposte. “È una vera prova quella che li attende. Sicuramente aspettano questo momento da 25 anni, ma da oggi sperano di avere delle risposte. Però è difficile perché a fare il lutto ci provi da tanti anni”, reagisce Bertrand Pin, avvocato della famiglia, nella relazione di cui sopra.

Un senzatetto marginale con una dipendenza dalla droga

L’avvocato ha dovuto tirare fuori dagli armadi la vecchia cartella. “Ha scritto il nome della vittima, Naime, e il pubblico ministero contro X, perché nella mente della famiglia non c’era nessun autore del reato, doveva esserci un nome”, ha detto. Questo enorme fascicolo ripercorre decenni di indagini, mai conclusive. “Sono documenti vecchi, molto vecchi, con la telefonia, con i verbali ancora battuti a macchina”, spiega Master Pin. Il nuovo sospettato è stato trovato utilizzando tecniche del DNA nuove e più efficienti. Ora ha 61 anni, è un senzatetto e un tossicodipendente. Già condannato per furto e violenza, era sconosciuto alla vittima.

Avrebbe rapito Ginette Naime prendendo il controllo della sua macchina dopo aver lasciato il lavoro. L’avrebbe poi costretta ad effettuare due prelievi bancari da un bancomat. Potrebbe trattarsi di un crimine opportunistico, commesso da un tossicodipendente bisognoso di soldi. Bruno Ducarre, oggi in pensione, era capitano di polizia all’epoca dei fatti. Questo caso finora senza risposta lo ha perseguitato per tutta la sua carriera. “Abbiamo lavorato sulla sua personalità, abbiamo lavorato sul suo entourage, abbiamo avuto un encefalogramma piatto su tutto ciò che riguardava le presenze. Quindi è una questione che è rimasta impressa nella mente di tutto il gruppo con cui lavoravo in quel momento”, ricorda.

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Gli anni delle indagini furono segnati dalla sfortuna, con indizi inutilizzabili o addirittura con testimoni ipovedenti. Oggi è il centro “cold cases” di Nanterre, specializzato in casi irrisolti, che ha permesso questa svolta inaspettata, in particolare con la nuova udienza di numerosi testimoni dei fatti.


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