Per molto tempo ho polemizzato contro la versione di sinistra di QS, che diceva di volere l’indipendenza del Quebec a condizione che fosse accompagnata da un progetto sociale “progressista”.
Negli anni ’60 e ’70, questo movimento spiegò che l’indipendenza avrebbe avuto senso solo se fosse culminata nel socialismo del Quebec. Oggi ci spiega che la sovranità deve servire da matrice per una società ecosocialista, femminista, municipalista, decrescente o meno.
Gli ho detto che l’indipendenza è di per sé valida e necessaria. La sinistra radicale non aveva il diritto di trasformare l’indipendenza del Quebec in un corsetto ideologico, assumendo nei suoi sogni la forma di una costituzione ideologicamente sovraccarica.
Il Canada ci sta anche ricordando in questo momento che possiamo essere liberali, neodemocratici o conservatori e difendere l’indipendenza del paese. L’indipendenza trascende le correnti politiche che circolano in una nazione.
Raggiungiamo l’indipendenza per questioni di identità e libertà.
Identità, per permettere ai quebecchesi di uscire da una situazione minoritaria per definizione alienante, e diventare una netta maggioranza in uno Stato che controlleranno pienamente e dove la loro cultura non sarà più emarginata e neutralizzata. L’indipendenza libererebbe anche i quebecchesi da un certo provincialismo culturale.
Di libertà, per permettere loro di essere pienamente padroni del proprio destino, come lo sono, nel mondo, tanti altri popoli.
Ma ora, da qualche tempo, abbiamo scoperto a destra la sorella gemella della QS sinistra. Chiamiamola per comodità linea QS. Con questo intendo dire che anche lei tratta l’indipendenza del Quebec in modo condizionato.
La destra QS spiega così che voterà per l’indipendenza se e solo se un Quebec sovrano potrà garantirgli, probabilmente costituzionalmente, tasse molto basse, una massimizzazione delle libertà individuali e, in alcuni casi, l’interruzione delle varie misure legate al settore energetico. transizione. Sul suo radar non compare il popolo del Quebec: solo l’individuo del Quebec, come se fosse disincarnato e indifferente alla comunità politica di cui fa parte.
In altre parole, un Quebec sovrano deve essere liberale, nel senso filosofico del termine, o libertario, e una cosa è certa, di destra o non esserlo.
Queste persone, spesso vicine al partito conservatore di Éric Duhaime, o anche alla destra radiofonica del Quebec, non capiscono una cosa semplice: un Quebec indipendente sarà democratico. Ci saranno le elezioni. La sinistra vincerà di tanto in tanto, anche la destra vincerà di tanto in tanto. Anche il centro, ovviamente.
Nessuna tendenza avrà il monopolio della vita politica. Evidentemente non prendo sul serio coloro che spiegano che un Quebec indipendente sarebbe una dittatura, e che si affidano, per dirlo, all’esperienza del Covid, e che dimenticano che tutte le società occidentali sono poi sprofondate in una logica che dice molto di più sul principali tendenze che attraversano il nostro tempo che nella società del Quebec.
Chiedere ai sovranisti di essere di destra o di sinistra non ha senso di per sé. Ovviamente la nostra vita politica orienta il movimento nazionale in una direzione o nell’altra. I sovranisti, attualmente, sono socialdemocratici identitari anti-risveglio. Anche il movimento sovranista resta una coalizione, come lo sono tutti i movimenti nazionali nel mondo.
Rinunciare all’indipendenza del proprio popolo a causa delle indicazioni circostanziali di un governo o di un partito è il segno di una forma di immaturità politica, forse non estranea alla nostra psicologia un tempo colonizzata. Non sorprende che spesso il QS giusto lo sia elvisgrattonescoe sembra convinto che il Quebec guidato dai quebecchesi si trasformerebbe in un disastro, come se fossimo troppo stupidi collettivamente per governarci da soli.
Dovrebbe meditare questa famosa riflessione, che ci viene dal mondo anglosassone, e che dovrebbe farle piacere: “Il buon governo non sostituisce l’autogoverno”.