Fine del “diritto del suolo”: chiarimenti e conseguenze

Fine del “diritto del suolo”: chiarimenti e conseguenze
Fine del “diritto del suolo”: chiarimenti e conseguenze
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Di Jules Lepoutre, professore di diritto pubblico all’Università della Costa Azzurra

Cosa significa eliminare la “legge sul suolo” o porre fine alla sua “automaticità”?

Questo è infatti quanto emerge sia dal programma del Raduno Nazionale che dalle recenti dichiarazioni programmatiche di Giordano Bardella dove ha dichiarato “Intendo sopprimere la legge del suolo […]. L’acquisizione automatica della nazionalità francese non è più giustificata”. Il problema è che “legge sul suolo” come “automaticità” sono termini ambigui che non esistono nella legge. Utilizzati a lungo per chiarire un dibattito – è vero – piuttosto tecnico, sta accadendo sempre più il contrario: questi termini oscurano ora una discussione sui modi in cui si diventa francesi.

Una cosa è certa in questa fase: abolire la legge sul suolo significa che nascere sul suolo francese non significherà più nulla sul piano giuridico, per tutti, figli di genitori francesi così come per stranieri. Il territorio nazionale scompare a favore della filiazione, cioè del diritto di “sangue” francese.

Due sono quindi i meccanismi che risalgono almeno al XIX secolo e che sarebbero direttamente interessati: l’articolo 19-3 del codice civile che prevede che “un bambino nato in Francia è francese quando almeno uno dei suoi genitori era lui stesso nato lì” (si parla talvolta di doppio diritto di terra, cioè di nascita in Francia per due generazioni successive); articolo 21-7 del codice civile che prevede che un bambino nato da genitori stranieri in Francia “acquisisce la cittadinanza francese al raggiungimento della maggiore età” alla condizione di cinque anni di residenza sul territorio nazionale dall’età di undici anni (a volte si si parla di “semplice” diritto fondiario). Qui è l’idea di “diritto al suolo” ad essere fuorviante poiché, come si vede chiaramente, la nascita da sola non basta Mai essere francese, come avviene ad esempio negli Stati Uniti. Esistono sempre altre condizioni, legate alla nascita sul suolo francese di un genitore, oppure legate alla residenza e all’età del figlio.

L’idea di “automaticità” è ancora doppiamente fuorviante. Per l’articolo 19-3 del codice civile (legge “doppia” del suolo), non è tanto l’automaticità a essere saliente quanto l’obbligatorietà. È un modo con cui lo Stato si appropria del bambino nato sul suo suolo, di un genitore che è nato lì, presumendo che sia definitivamente stabilito in Francia – del resto per ragioni di sovranità, ci torneremo. Per l’articolo 21-7 del codice civile, la maggior parte dei bambini “rivendica” la cittadinanza francese prima di raggiungere la maggiore età, sia attraverso i genitori a partire dai 13 anni, a condizione di risiedere a partire dall’età di 8 anni, sia attraverso se stessi dall’età di 16 anni, sempre alla stessa condizione di cinque anni di residenza. Nel 2022, secondo gli ultimi dati disponibili, si sono registrate 32.000 denunce anticipate prima del raggiungimento della maggiore età, a fronte di sole 2.500 acquisizioni “senza formalità”, cioè senza pretesa del privato. L’idea di “automaticità” definisce quindi male il funzionamento concreto della nostra legge sulla nazionalità. La volontà, sia dello Stato che dell’individuo, è ovunque.

Quali sarebbero le conseguenze dell’abolizione dei diritti fondiari?

Il problema principale con l’abolizione del diritto fondiario riguarda paradossalmente tutti i francesi e non solo gli stranieri come si potrebbe immaginare troppo velocemente. Per la maggior parte dei francesi, la doppia legge rende facile dimostrare la propria nazionalità. Per fare ciò, al momento della richiesta del passaporto o della carta d’identità, è sufficiente fornire il proprio certificato civile attestante la nascita sul territorio francese e quello di un genitore comprensivo della stessa dichiarazione. È tutto. Questa doppia nascita successiva fa dell’individuo un francese fin dalla nascita. Non appena il diritto fondiario, in tutte le sue forme, sarà abolito, questo facile mezzo di prova scomparirà immediatamente per le generazioni future. Per dimostrare la loro nazionalità francese, i futuri figli dovranno ottenere i certificati di nascita dei loro genitori, nonni, e poi ancora bisnonni, ecc., per dimostrare che erano francesi e che, come discendenti, lo sono ancora per discendenza. Si tratta di un enorme aumento della complessità della nostra legge e non vi è alcuna indicazione che l’amministrazione o i cittadini siano preparati ad affrontarlo.

Per gli stessi stranieri, l’abolizione della legge fondiaria li priverebbe del diritto di acquisire la nazionalità francese, alle (molte) condizioni precedentemente descritte. Mantenuti nella situazione di stranieri sul suolo in cui sono nati, dovranno ricorrere alla naturalizzazione per diventare francesi. Si tratta di una procedura più aleatoria, prevalentemente nelle mani delle prefetture, che lascia spazio ad un ampio potere discrezionale. Nel suo programma, il Raggruppamento Nazionale prevede anche di rendere “molto rigido” questo percorso verso la nazionalità, le cui cifre continuano a crollare dai tempi della presidenza di Emmanuel Macron.

Sono quindi decine di migliaia le persone che ogni anno non possono più accedere alla nazionalità francese, a causa della mancanza di un reddito sufficiente, di un contratto a tempo indeterminato, di un’eccellente padronanza della lingua francese scritta, ecc., tutte condizioni e criteri, tra gli altri, fissati dalla testi e pratiche in gran parte nelle mani del governo. Paradossalmente, viste le ambizioni del Raggruppamento Nazionale, il numero degli stranieri presenti in Francia aumenterebbe così ogni anno e con esso un certo ostacolo alla sovranità francese attraverso l’intervento in “protezione” dei loro Stati di nazionalità. Sarebbe il ritorno delle “enclavi straniere” che giustificò precisamente, nel XIX e XX secolo, il consolidamento dei diritti fondiari in nome della sovranità francese sulla sua popolazione.

La drastica restrizione della naturalizzazione e l’abrogazione del diritto fondiario rinchiuderebbero così la comunità francese senza precedenti in Europa. Perché se altri paesi hanno scelto di non applicare la legge del suolo e di limitarsi alla legge del sangue, è sempre adottando una politica di naturalizzazione aperta, come in Svezia o in Italia dove i tassi di naturalizzazione rimangono molto più importanti che in Francia.

Non è detto che la nostra Costituzione non sia contraria a un simile sviluppo, ma il momento del contenzioso non è ancora arrivato. In questa fase è più che mai necessario che siano conosciuti i termini del dibattito e le sue conseguenze che vanno ben oltre i soli stranieri.

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