Sembrava essere una classica manifestazione contro la disoccupazione e l’aumento del costo della vita. Il 12 novembre centinaia di manifestanti si sono radunati vicino a Capital Hill, sede della presidenza del Malawi, a Lilongwe. Tranne un dettaglio: non chiedevano al loro governo di creare posti di lavoro o di risolvere la crisi economica, ma di mandarli in Israele il più rapidamente possibile e di mantenere una promessa fatta dalle autorità nell'ottobre 2023. Undici di loro sono stati arrestati da la polizia, segno che l'argomento è delicato.
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Dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, il Malawi si è affrettato a firmare un accordo di lavoro bilaterale con lo Stato ebraico per cercare di rimediare alla precipitosa partenza di circa 30.000 lavoratori agricoli di origine palestinese o provenienti dall’Asia. L'accordo iniziale prevedeva l'invio di 10.000 agricoltori malawiani per compensare questa mancanza di manodopera. Ne ha parlato anche il ministro israeliano dell’Economia Nir Barkat «100.000» i lavoratori agricoli potrebbero unirsi alle fattorie israeliane. Una manna dal cielo che ha poi rilanciato la speranza in questo Paese rurale e povero che sprofonda nella crisi economica.
Ma, un anno dopo la firma di questo memorandum d’intesa, appena un migliaio di lavoratori agricoli del Malawi hanno aderito allo Stato ebraico. Da allora, le assunzioni si sono bloccate e hanno causato frustrazione tra più di 3.000 giovani in cerca di lavoro. Registrati nelle liste, aspettano disperatamente il via libera per unirsi a Israele.
“Ho rinunciato a tutto”
Tapson Maganga, un agricoltore di 34 anni, ha lasciato il Malawi settentrionale nel dicembre 2023, dove lavorava nelle piantagioni di arance e gomma, per stabilirsi a Lilongwe, “pronti per la grande partenza”. “Ho lasciato tutto dietro la promessa del governo”dice l'uomo che non ha più un reddito ma una moglie e due figli da mantenere. “Ovviamente siamo arrabbiati. Ci promettono un contratto di cinque anni, pagato otto volte di più che qui, e poi rimaniamo all’oscuro”.ha detto. Il suo lavoro precedente pagava appena 200 dollari (189 euro) al mese. Da allora il governo gli ha promesso uno stipendio di 1.600 dollari in Israele.
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Tapson Maganga si dice pronto a tutto pur di lasciare il Malawi in crisi, indebolito dal sovraindebitamento e immerso in una tale carenza di valuta estera che il governo si ritrova nell'impossibilità di importare carburante. Per il presidente Lazarus Chakwera, fervente sostenitore dello Stato ebraico, l’accordo è stato pensato come un modo per fermare l’emorragia economica: tra novembre 2023 e gennaio 2024, i fondi inviati dai lavoratori malawiani esportati in Israele ammontavano a 735.000 dollari.
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