L’incontro si è svolto di prima mattina a pochi chilometri da Bagnères de Luchon, nell’Alta Garonna.
Pierre René ha creato l’Associazione Morena che è un osservatorio dei ghiacciai dei Pirenei francesi. Il glaciologo e guida alpina conosce bene il ghiacciaio davanti a noi, un po’ nascosto dalle nuvole.
“Siamo di fronte alla valle dell’Oô, una valle glaciale e sul fondo di questa valle si trovano i 3000 m del Luchonnais che riparano l’ultimo ghiacciaio dei Pirenei centrali francesi. Si tratta del ghiacciaio Seil de la Baque che anticamente, nel 1850, era il 2° ghiacciaio più grande dei Pirenei con 145 ettari. Oggi ne restano solo 5 ettari! È diminuito enormemente. Nei Pirenei sono rimasti solo 17 ghiacciai. Per fare un confronto, ce n’erano 100 nel 1850 e altri 44 all’inizio degli anni 2000. Da quando abbiamo iniziato a misurare i ghiacciai, circa vent’anni fa, in media un ghiacciaio all’anno è scomparso. Non è preciso, ma si adatta più o meno alla prospettiva di una scomparsa totale entro dieci anni buoni.”
Con l’agonia dei ghiacciai dei Pirenei, l’effetto più visibile del cambiamento climatico, sono gli ecosistemi montani ad essere colpiti. Sono stati messi in atto diversi protocolli di monitoraggio scientifico, in particolare da parte del Parco Nazionale dei Pirenei. Monitorare l’evoluzione della fauna e della flora, spiega Pierre Lapenu, vicedirettore del dipartimento di Conoscenza e gestione del patrimonio del Parco Nazionale dei Pirenei.
“L’obiettivo è quello di avere un monitoraggio a diverse altitudini che si ripeta regolarmente per vedere come si evolvono gli ambienti a diverse altitudini sotto l’effetto dei cambiamenti climatici. Effettuiamo inventari precisi della fauna e della flora su appezzamenti di montagna distanti 200 metri l’uno dall’altro. E su ognuno di questi appezzamenti osserviamo nel tempo se alcune specie migrano, salgono di quota, si spostano o scompaiono a determinate altitudini se le condizioni non sono più favorevoli alla loro vita. Abbiamo sentito il canto di una cicala a 1700 metri di altitudine, il che è assolutamente sorprendente in questo ambiente che, di solito, è più simile a quello del gallo cedrone. Abbiamo osservato, ad esempio, un uccello mediterraneo che nidifica da diversi anni a 1.400 metri di altitudine, anche se normalmente questo non è il suo ambiente. Ma si tratta di osservazioni una tantum, fuori dal protocollo, e l’obiettivo dei protocolli scientifici che mettiamo in atto è quello di poter avere una visione molto più ampia per vedere se queste osservazioni una tantum si ripetono regolarmente e su tutto il territorio“.
Lo scioglimento dei ghiacciai è una questione transfrontaliera. L’Osservatorio dei cambiamenti climatici dei Pirenei, l’OPCC, sta lavorando ad una strategia comune, in particolare sui rischi. Questo è il lavoro di Eva Garcia Balaguer, coordinatrice dell’OPCC.
“I rischi naturali legati allo scioglimento dei ghiacci sono maggiori cadute di massi e smottamenti in montagna. La nostra sfida è proteggerci da questi rischi, ma con soluzioni “green”, soluzioni basate sulla natura. E in questo ambito abbiamo già ottenuto alcuni risultati, in particolare sulla rotta internazionale franco-spagnola. Abbiamo privilegiato il ruolo del bosco per creare terrazzamenti ed evitare cadute di massi sulla strada. Ciò evita di dover schermare la montagna e versare il cemento. È importante coinvolgere la popolazione e dobbiamo anche e soprattutto convincere le autorità e gli eletti a prendere le decisioni giuste. Siamo qui per aiutarli“.
6 dei 17 ghiacciai rimasti nei Pirenei si trovano sul versante spagnolo. https://www.opcc-ctp.org/