15 canzoni essenziali di Françoise Hardy

15 canzoni essenziali di Françoise Hardy
15 canzoni essenziali di Françoise Hardy
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È difficile scegliere tra tante gemme a volte poco conosciute, ma ecco 15 titoli essenziali del magnifico corpus di colui al quale non possiamo assolutamente dire addio.

Tutti i ragazzi e le ragazzeTutti i ragazzi e le ragazze (1962)

25 aprile 1962. Una delle rare date conservate nella memoria di Françoise Hardy, il giorno della registrazione dei suoi primi brani “su quattro binari e in poche ore”, incluso questo successo inaugurale che raggiunse rapidamente un milione di copie. Non male per una canzone scritta e composta alla chitarra da un adolescente un po’ più serio degli altri. Apprezziamo già questa miscela di malinconia e romanticismo molto controllato, questa analisi di una solitudine metà consenziente e metà sofferta, questa sensazione di essere accanto all’amore, quindi alla propria vita: “I miei giorni e le mie notti sono in tutto uguali / Senza gioie e pieni di affanni”.

il primo momento bello della giornata – Il primo momento bello della giornata (1963)

Dopo aver lavorato con Brenda Lee e prima di una fruttuosa collaborazione con Sylvie Vartan, Jean Renard ha scritto i testi per la traccia di apertura e il titolo del secondo album di Françoise Hardy: “Il primo dolore della giornata / È la porta che si chiude / L’auto che parte / Il silenzio che si deposita”. È quasi Prévert, versione Colazione, meno cupo: se il narratore non nasconde la sua incapacità di essere felice senza la presenza della persona amata, ne occupa i pensieri quanto basta per compensare la mancanza. Sottolineato da corde inizialmente secche poi sempre più fiorite, un brano che anticipa ciò che vivrà nel corso degli anni nella sua relazione con Jacques Dutronc.

La mia amica rosa – La mia amica rosa (1964)

Depositato il 21 giugno 1965 negli archivi SACEM, questo pezzo di falso candore sconvolgente conferma la popolarità di Françoise Hardy, 20 anni. Ma non fu lei a scriverlo, bensì l’autrice-compositrice Cécile Caulier, un’altra studentessa del Petit Conservatoire de Mireille, sotto il nome di Signora Rosa. Ascoltandolo sul set, Françoise se ne innamorò e, nonostante la riluttanza di chi la circondava, lo fece suo. La mia amica la Rosa. Sapere che possiamo scomparire (dallo sguardo degli altri, dalla superficie della terra, da noi stessi) e cantarlo, mentre siamo radiosamente belli: questa la formula magica per una canzone senza tempo mentre parla della morte. E una delle sue interpretazioni televisive apre lo splendido film di Gaspar Noé, Vortice – con l’hook esplicito: “La vita è una breve celebrazione che sarà presto dimenticata”.

i colpi in acqua – La mia giovinezza se ne va (1967)

Aveva solo 23 anni quando fu pubblicato l’album. La mia giovinezza se ne va, sorridiamo alla scelta di un titolo del genere, eppure, testimonia l’anima antica che il cantante già aveva. Oltre a meraviglie come Eccoscritto da quest’ultimo, i colpi in acquaquesto pezzo scritto da Pierre Barouh e musicato da Raymond Le Sénéchal, destinato a Vivi per vivere di Claude Lelouch e cantata per la prima volta da Annie Girardot. IL Matto sulla collina di Françoise Hardy, metà folk e metà lirico, inno a tutti gli idioti del villaggio, gli outsider le cui voci non coprono “il tumulto”.

Come dirti addio – Come dirti addio (1968)

Ambientato con una tromba sorprendentemente pop, questo strumentale americano di Arnold Goland e chiamato It Fa male dire addio, aveva bisogno di un interprete. Ma sembrava “Emergono miracolosamente dalla folla” per Françoise Hardy. Quando le fu proposto di rivolgersi a Serge Gainsbourg per i testi, dubitava che avrebbe accettato senza aver composto la trama. No: lui obbedisce e le offre anche lo splendido Amano allo stesso tempo. Canzone di rottura per eccellenza, Come dirti addio traspare dalla prosodia gainsbouriana così come dalla tormentata quotidianità sentimentale del cantante: “Sei nella lista nera, le nostre notti insonni, le nostre mattine grigio-azzurre / Ma per me sarebbe meglio una spiegazione.”

Sole – Sole (1970)

Un’altra accattivante ambivalenza tra un’atmosfera solare (la spiaggia, i bambini che sogniamo, l’amore condiviso) e la malinconia (infedeltà, solitudine, nostalgia) mostrata in questo affascinante adattamento di Luce del sole del cantautore americano Tash Howard, un gioiello di pop-folk orchestrale dal sapore di fine anni Sessanta, cantato oltreoceano da Sandy Alpert. E al quale Hardy offre la singolare gravità che gli è propria, purificandolo da ogni manifestazione scadente di cui non era originariamente privato…

La domanda – La domanda (1971)

Non sono mai stato così orgoglioso di uno dei miei dischi“, ricorda La disperazione delle scimmie… altre sciocchezze. E infatti, La domanda, ideato con l’artista brasiliano Tuca, eccellente chitarrista che offre su un piatto d’argento tutta la dolcezza melodica della bossa-nova. Realizzato tra Parigi e la Corsica, bagnato dalla salsedine delle onde che Hardy infrange con Tuca, ma anche dalle lacrime di chi si sente solo di fronte alla propria passione, questo undicesimo album in studio è uno scrigno di tesori: Il marziano, Anche sotto la pioggia, La casa…. Un verbo raffinato, tipicamente audace, unito alla maestosità degli archi dell’Orchestre de Paris, nelle composizioni di Tuca. E questo autunno! “Sei il fuoco del mio ardere / Sei la mia domanda senza risposta / Il mio grido silenzioso e il mio silenzio.”

Se ascolti – Se ascolti (1972)

Un vero gioiello e una delle mie registrazioni di maggior successo”: con Françoise Hardy la soddisfazione è rara, e tanto più preziosa. Firmata dagli americani Micky Jones (Foreigner) e Tommy Brown, questa canzone è velenosamente dolce, flirta con la dissonanza e la cui struttura si libera dai codici pop dell’epoca. Un’altra storia d’amore e di solitudine, e di una donna che canta per la persona amata. Tanto da dare il nome al quarto disco interpretato in inglese da Françoise Hardy, che propone anche cover di Randy Newman, Neil Young e Buffy Sainte-Marie. Folkwoman un giorno…

E se me ne vado prima di te – E se me ne vado prima di te (1972)

Il suo fallimento commerciale segnerà la fine del contratto con la Sonopresse, eppure questo album vale la deviazione. Si conclude con questa title track scritta e composta da Françoise Hardy, teneramente country, piena di strumentisti di alto livello (Phil Pickett alla chitarra e armonica, Tony Cox al pianoforte e arrangiamenti) tra cui Micky Jones e Tommy Brown. Sia lusinghiero che minaccioso, E se me ne vado prima di te evoca gli elementi naturali per meglio servire gli stati d’animo di un grande amante che desidera “Accarezzare tutto il tempo” colui che dovrebbe prendersi cura di lei.

Messaggio personale – Messaggio personale (1973)

Alla fine del telefono c’è la tua voce”… Se la versione di Michel Berger è rivolta a Véronique Sanson, quella di Françoise Hardy è ovviamente destinata a Jacques Dutronc. I due convivono all’interno di un unico titolo, la cui parte cantata è firmata dal pianista allora disperato per la fuga del compagno con Stills, e quella parlata da chi soffre per le assenze di un Dutronc che, se ama lei, mantenga ancora le distanze. Si tratta quindi di esprimere la propria”inibizioni e tormenti abituali”. Due cuori feriti che si incontrano, una melodia bella da piangere, che Françoise H. giudicherà, piuttosto severamente, come “locomotiva superba” attingendo da altri titoli di “seconda classe” (bim). Senza dubbio perché, avendo appena dato alla luce Thomas, la sua stanchezza difficilmente si adatterà al ritmo frenetico di Berger… Non importa, rimane comunque uno dei monumenti della canzone pop francofona.

Che mi seppellisci – Gin Tonic (1980)

Se la sua collaborazione con Gabriel Yared non le è piaciuta, Françoise Hardy si è ritrovata lì “una delle canzoni più belle che ci siano“, con le sue stesse parole: Che mi seppellisci. Uno dei testi più commoventi di Michel Jonasz, cantato meravigliosamente nonostante una notte insonne di nervosismo all’idea di eseguire quest’inno all’amore eterno, questa paura mortale dell’abbandono trasportata dal pianoforte con il suo aspro lirismo: “Dimmi presto / Che le tue mani sono le mie mani…” Tuttavia, dopo tre riprese, Yared sa di avere tutto. La voce è lì, implora senza sembrare, coraggiosamente ottimista. I destini e le prospettive incrociate: se queste sono le parole di Jonasz, sono puro Hardy.

Parti comunque – Offset (1988)

Musica di Jacques Dutronc, che aveva catturato l’orecchio di Françoise Hardy. Testo di questo, che sviscera la paura dell’impegno dell’altro e sublima i sentimenti di insicurezza che lo attraversano da sempre: “Parti comunque / al momento opportuno / spezza le catene che mi legano al suo destino / farà di me un peso morto / un oggetto di decoro”. La clip in bianco e nero presenta la coppia modello, tanto indipendente quanto unita, che ci regala un atto malizioso di Dutronc (fingendo di pensare al suicidio prima di ignorarlo) e termina con Hardy che appoggia la testa sulla sua spalla. Dolce conclusione per un brano privo di pathos, purtroppo distorto dagli arrangiamenti anni ottanta persone ultra goffe deplorate dalla stessa Hardy. Dominique Blanc-Francard, però, lo salvò dalle acque durante la miscelazione…

Il pericolo – Il pericolo (1996)

Supportata da Jean-Noël Chaléat, Rodolphe Burger e Alain Lubrano nell’album omonimo, è con quest’ultimo che firma questa canzone evocando, ancora una volta, l’inevitabile alleanza tra paura e desiderio. Ma anche una chitarra elettrica palpitante, ritmi pesanti come gli anni che trascorrono su una donna che, alla fine, avrà preservato la sua libertà caricandosi di attaccamenti. L’ultimo minuto, toccante senza strafare, è una superba dimostrazione del canto e del parlato di Françoise Hardy: “Vorrei portarti tutto ciò che ti fa sentire bene / Per poter ridisegnare le linee della tua mano…

Dal momento che stai partendo per un viaggio – Chiaroscuro (2000)

Françoise Hardy amava particolarmente questo duo Jean Sablon e Mireille, uscito nel 1935, al quale offriva, con l’alter ego Dutronc, una seconda vita affascinante e disinvolta quanto si potrebbe sperare. In studio, ha tormentato il suo partner per il suo modo di esprimersi. Ma la loro interpretazione è irresistibile, seguendo i rumori della ferrovia e intervallata da intermezzi teatrali. Lo ascoltiamo alla luce della loro tumultuosa relazione passata, dominata dalla distanza e dalle riunioni. Soave orchestrazione jazz-pop, archi sottili al servizio della mitologia di una coppia che, avvicinandosi ai sessant’anni, si permette di essere dispettosa.

L’ampio – Nessun altro (2018)

Mentre la salute di Françoise Hardy la tortura ancora, La Grande Sophie le propone questo pezzo folk-rock che tiene lontano il destino e il linfoma, prendendosi gioco anche dell’allergia della cantante alla lingua di legno. Uno stile classico ma un’eleganza che si adatta perfettamente ad un tono inalterato. Ciliegina sulla torta: uno spezzone di François Ozon, appassionato ammiratore di Françoise H., che non ha mai smesso di rappresentare nei suoi film. La penultima traccia di un album finale che si abbraccia come tale, e che affronta il vuoto senza rimpianti: “Quando salperò, nessuna lacrima mi strangolerà…

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