La comandante delle Unità di protezione delle donne (YPJ), Jînda Cûdî, è stata uccisa il 3 ottobre 2024 durante un attacco di droni effettuato dall’esercito turco sulla strada che collega Qamişlo ad Amudê, il comando generale delle Unità di protezione delle donne (YPJ). annunciato sabato.
In una dichiarazione, l’YPJ ha denunciato questo attacco come una “strategia di genocidio ideologico” volta a prendere di mira specificamente le donne rivoluzionarie in Rojava. Secondo il comunicato stampa, queste azioni mostrano “vergogna internazionale” di fronte all’aggressione turca. Jînda Cûdî, noto anche come Khazal Belka, ha perso la vita insieme al suo compagno Saleh Khalil durante questo attacco.
Nata nel 1985 a Şırnak, Jînda Cûdî proviene da una famiglia radicata nella cultura nazionale curda, originaria della regione di Botan, storico baluardo della resistenza per la libertà del Kurdistan. Già negli anni ’90 la sua famiglia aveva partecipato attivamente all’organizzazione del Movimento per la Libertà del Kurdistan sotto la guida di Mahsum Korkmaz. Anche suo padre, Yusuf Belge, e due dei suoi fratelli erano caduti in combattimento.
Impegnata in attività di resistenza fin dalla giovinezza, Jînda si è unita alle fila del Movimento per la Libertà del Kurdistan nel 2003. Ha poi preso parte a numerose battaglie contro gli jihadisti dello Stato Islamico (IS), in particolare a Jazaa, Rabia e Serekaniye (Ras Al-ain ), dove si è distinta per il suo coraggio e la sua determinazione, nonostante gli infortuni.
Le YPJ hanno concluso il loro comunicato stampa promettendo di continuare la lotta per proteggere le conquiste della rivoluzione del Rojava, una lotta simboleggiata dalla figura di Jînda Cûdî. “Continueremo a difendere la nostra rivoluzione con determinazione. Il sangue dei nostri compagni non sarà versato invano”, ha affermato l’organizzazione.
