I fatti risalgono al 14 dicembre 2022. Quel giorno si svolse una partita di rugby organizzata dall’Unione Nazionale degli Sport Scolastici (UNSS). Si oppone ai licei Saint-Pierre de Tarbes e Notre-Dame-de-Garaison di Moléon Magnoac. Un incontro banale fino al contrasto “cattedrale” su Mathias Dantin, 17 anni, colpito senza palla e inclinando la testa in avanti.
La testa colpisce il suolo. Il gesto ha lasciato Mathias Dantin quadriplegico dopo diversi mesi trascorsi in terapia intensiva. Il giocatore responsabile del contrasto è comparso martedì 17 dicembre davanti al tribunale penale di Tarbes per “violenza che ha portato ad un’invalidità permanente”. Una prova importante per il rugby e la sicurezza dei giocatori.
Questo processo è atteso con impazienza da Mathias Dantin e dalla sua famiglia. Vogliono che la giustizia, il mondo del rugby e l’autore del gesto prendano coscienza di cosa sono diventate le loro vite negli ultimi due anni. Lo scorso fine settimana, pochi giorni prima del processo, come cerca di fare regolarmente, Mathias, insieme a suo padre, ha preso parte ad un’azione per prevenire azioni pericolose nelle scuole di rugby basche.
Ogni volta racconta la sua storia attraverso un libro per bambini che ha co-scritto. Un approccio diventato vitale, ci racconta al telefono, tra due sessioni di sensibilizzazione. “Tutte queste cose mi permettono, da un lato, di poter continuare a svolgere attività e, dall’altro, di sentirmi sempre utile, di avere uno scopo in tutto questo tumulto che abbiamo subito solo due anni fa”dice.
Un respiro nel mezzo di una quotidianità sconvolta per lui certo, sulla sedia a rotelle, ma anche per i suoi genitori. “Questo gesto ha sconvolto tutta la vita di una famigliadice suo padre, Jérome Dantin. Oggi mia moglie non lavora dal 14 dicembre 2022. Non dorme la notte. È sotto shock. Ho interrotto la mia attività un anno fa. Anche perché dobbiamo stare vicino a Mathias per aiutarlo. Oggi Mathias ha bisogno di qualcuno 24 ore su 24, giorno e notte, sia per problemi urinari, problemi di cura ma anche per tutte le azioni quotidiane che Mathias non può più svolgere, azioni che per noi sono banali. Mia moglie ed io alterniamo i viaggi tra Tolosa, dove Mathias vive per i suoi studi, e Tarbes, dove viviamo noi. Oggi viviamo intorno a Mathias e solo per Mathias.”
“Mi avvicino a questo processo con un nodo allo stomaco, la paura di non essere ascoltati”.
Jérôme Dantin, padre di Mathiassu franceinfo
Questo processo deve essere, per loro, il riconoscimento del loro status di vittime. E se Mathias dice di avvicinarsi a questo momento legale “senza troppa apprensione” : “So che sarà un momento da affrontare, un momento nella vita, dovremo ancora affrontarlo andando avanti”. D’altronde, quando parla dell’utilità di questo studio, il suo messaggio è molto chiaro: “Tutto quello che voglio è avere un riconoscimento morale, finanziario ovviamente, e soprattutto un riconoscimento come vittima. Per il momento non abbiamo alcun riconoscimento delle vittime, né finanziario né morale, nel senso che se non avessimo presentato una denuncia denuncia, non sarebbe stata avviata alcuna procedura. Chi ha fatto questo non è stato nemmeno sanzionato: nemmeno le istituzioni che hanno vigilato sull’incontro.”
Per questo Jérôme Dantin, suo padre, teme di ritrovarsi davanti al tribunale penale di Tarbes. “Una grande prima volta per noi”ci dice in apertura, e per confidarci le sue paure: “Ho un nodo allo stomaco e ho paura di non essere ascoltato, di non essere riconosciuto”. si confida prima di parlare, commosso, dell’autore del placcaggio che ha sconvolto la vita di suo figlio e della sua famiglia. “Vorremmo che sapesse davvero e profondamente quello che ha fatto., spiega Jérôme Dantin. Non ci aspettiamo grandi sanzioni, ma questo gesto deve rimanere impresso in lui”.
“Un giorno magari diventerà padre, glielo auguro. E se avrà un figlio che vorrà giocare a rugby, voglio che pensi a quando lo porterà allo stadio, purché non lo faccia” incontrare un idiota come me.”
Jérôme Dantin, padre di Mathiassu franceinfo
Da due anni la famiglia Dantin non ha alcun contatto, nessuna parola, né con l’autore del contrasto né con la squadra del giocatore. Nessuno ha provato a contattarli. All’udienza di agosto, il giocatore è rimasto addirittura in silenzio, rifiutandosi di spiegare le sue azioni. “Per me tutto può essere scusato, ma non perdonato, ho rabbia dentro di me, contro di loro per questo”.dice Jérôme Dantin.
Mathias, dal canto suo, pensa con determinazione al futuro e al rugby, sport che ama ancora. “Con questo processo voglio solo dare il messaggio che siamo vittime di un atto che non rispetta le regole del rugby, ma anche le regole della vita. E il fatto di poter segnalare questi atti e farli giudicare dimostra che questo non è banale, che non doveva succedere e che non deve più succedere.”