Tra il 2019 e il 2022, l’Indonesia ha visto triplicare gli investimenti nella lavorazione locale dei minerali, un’area strategica per la sua economia. Nel frattempo, l’Africa ha attratto solo il 2,8% degli investimenti globali nella lavorazione dei minerali critici, sebbene il continente possieda il 30% delle riserve mondiali di queste risorse strategiche. L’esperienza dell’Indonesia nello sviluppo dell’industria locale di lavorazione dei minerali offre lezioni preziose per i paesi minerari africani, ma è importante notare che queste strategie non possono essere semplicemente replicate senza tenere conto delle specificità di ciascuna regione.
Un rapporto pubblicato dal think tank americano Atlantic Council nel dicembre 2024, intitolato “Nazionalismo delle risorse e downstreaming: lezioni per i produttori africani di minerali critici dall’Indonesia”, esamina le lezioni apprese dalla politica indonesiana. Questo documento sottolinea l’importanza del ruolo centrale dell’Indonesia nell’offerta globale, in particolare nel settore del nichel. Il Paese detiene il 42% delle riserve mondiali di questo metallo e, dal 2014, ha attuato un divieto progressivo sulle esportazioni di nichel grezzo, rafforzato nel 2020. Questa politica ha permesso di attrarre massicci investimenti nell’industria del nichel. lavorazione del nichel, aumentando gli investimenti nel settore della lavorazione del nichel da 3,6 miliardi di dollari a 11 miliardi di dollari tra il 2019 e il 2022. A luglio 2023, l’Indonesia aveva 43 fonderie di nichel operative, con altre 28 in costruzione e 24 progetti in sviluppo, supportati dalla produzione di energia dal carbone centrali elettriche a combustione.
Tuttavia, questo approccio non ha avuto altrettanto successo con altre risorse come la bauxite e il rame. Il divieto di esportazione del rame grezzo, ad esempio, ha portato a un calo del 35% della produzione nazionale nel 2014, poiché il 96% del valore aggiunto del rame proviene dalle fasi di estrazione e concentrazione, rendendo la raffinazione locale meno redditizia. Per quanto riguarda la bauxite, il divieto ha avuto solo l’effetto di dirottare i clienti verso altri produttori come la Guinea o l’Australia.
L’Africa deve contare sulle proprie forze
In un contesto di crescenti divieti all’esportazione di minerali critici in paesi come Ghana, Zimbabwe e Namibia, il rapporto del Consiglio Atlantico raccomanda un approccio diverso per l’Africa. Secondo gli autori, l’utilizzo dell’Area di libero scambio continentale africana (AfCFTA) e la creazione di zone economiche speciali (SEZ) sono potenziali leve per stimolare gli investimenti nella trasformazione locale.
Sebbene l’Africa detenga una quota significativa delle riserve mondiali di minerali critici, queste riserve sono distribuite in modo non uniforme tra i paesi. Questa disparità limita l’attrattiva degli investimenti nelle unità di trasformazione. Il rapporto suggerisce quindi la creazione di mercati unificati attraverso forniture transfrontaliere, che potrebbero giustificare gli investimenti necessari per l’industrializzazione.
L’AfCFTA rappresenta infatti una grande opportunità per l’Africa, poiché promuove la formazione di mercati continentali delle materie prime in grado di attrarre investimenti internazionali. Secondo il rapporto, l’AfCFTA può sostenere lo sviluppo delle industrie locali di lavorazione dei minerali espandendo i mercati locali e rafforzando le capacità negoziali dei paesi africani.
Un rapporto complementare di Tralac del giugno 2024 ha inoltre evidenziato che la cooperazione regionale consentirebbe ai paesi africani di rafforzare la loro influenza sull’offerta globale e di attrarre maggiori investimenti nelle infrastrutture locali di lavorazione e raffinazione. Questi investimenti potrebbero essere sostenuti dalla creazione di zone economiche speciali, che forniscano ambienti favorevoli con politiche su misura per attrarre capitali stranieri.
Esempi concreti e opportunità per l’Africa
La Repubblica Democratica del Congo (RDC) e lo Zambia, con il loro accordo per creare una zona economica speciale per la produzione di batterie elettriche, così come il Sud Africa, con il progetto Platinum Valley per promuovere l’idrogeno dai metalli del gruppo del platino, sono esempi concreti di Strategie africane per la trasformazione locale. Questi progetti dimostrano che è possibile identificare metalli con un alto potenziale di trasformazione locale, tenendo conto delle esigenze logistiche e tecnologiche, in particolare in termini di infrastrutture energetiche e di trasporto.
I rapporti sottolineano anche l’enorme fabbisogno energetico per la lavorazione dei minerali. Ad esempio, l’estrazione della bauxite richiede circa 34 kWh per tonnellata, mentre la raffinazione in alluminio richiede più di 3.000 kWh. Ciò evidenzia l’importanza di disporre di infrastrutture energetiche adeguate per supportare la trasformazione locale.
Sfide per l’Africa
I rapporti del Consiglio Atlantico e del Tralac non specificano chiaramente come attuare questa strategia di fronte alle sfide attuali. I progetti minerari in Africa sono spesso dominati da società straniere e la Cina rimane un attore importante nella raffinazione dei metalli critici. Inoltre, i principali clienti cinesi stanno ora cercando di sviluppare infrastrutture di trattamento in Europa e negli Stati Uniti, il che potrebbe limitare l’attrattiva dell’Africa per questi investimenti.
In questo contesto, i paesi africani devono porsi la seguente domanda: investire massicciamente nella trasformazione locale è davvero la soluzione migliore? Oppure sarebbe più sensato rafforzare la loro posizione nell’estrazione e nell’esportazione, negoziando al tempo stesso migliori condizioni commerciali per massimizzare i benefici economici?
Moctar FICUU / VivAfrik