Mentre i paesi dell’emisfero settentrionale si preparano per la stagione della carenza di vitamina D, quei mesi durante i quali i raggi del sole sono troppo bassi per stimolare la produzione di questa vitamina nella pelle, uno studio spiega perché una carenza di vitamina D vitamina D all’inizio della vita è associato a maggiore vulnerabilità alle malattie autoimmuni.
Durante l’infanzia, il timo aiuta le cellule immunitarie a differenziare i tessuti del corpo da pericolosi intrusi. Un gruppo di ricerca ha scoperto che in questa fase della vita, la carenza di vitamina D porta a invecchiamento timo prematuro.
“Un timo che invecchia provoca “perdite” nel sistema immunitario, spiega John White, autore principale dello studio e direttore del Dipartimento di Fisiologia dell’UniversitàUniversité McGilldove insegna. Il timo perde quindi la sua efficacia nel filtrare le cellule immunitarie che potrebbero attaccare per errore i tessuti sani, il che aumenta la vulnerabilità alle malattie autoimmuni, come diabete di tipo 1.”
Gli scienziati sanno da anni che la vitamina D contribuisce all’assorbimento del calcio, che rafforza le ossa, e ricerche più recenti hanno rivelato il ruolo essenziale della vitamina nella regolazione del sistema immunitario, afferma il professor White.
“Il nostro studio chiarisce questo ruolo e potrebbe portare a nuove strategie per prevenire le malattie autoimmuni”.
Anche se il lavoro è stato condotto sui topi, le sue conclusioni sono comunque rilevanti per gli esseri umani, perché il timo funziona in modo simile in entrambe le specie, aggiunge.
L’importanza di un contributo complementare
Pubblicato in Progressi della scienzalo studio evidenzia l’importanza di un adeguato apporto di vitamina D, in particolare nei bambini.
“In città come Montreal, dove la produzione di vitamina D da parte del sole cessa tra la fine dell’autunno e l’inizio della primavera, integrazione è essenziale, sostiene il professor White. Se hai un bambino piccolo, è importante consultare a operatore sanitario per garantire che il suo consumo sia sufficiente.”
Questa svolta si basa su uno studio finlandese del 2001, in cui sono stati seguiti più di 10.000 bambini, che ha scoperto che coloro che hanno ricevuto un integratore di vitamina D all’inizio della vita avevano fino a cinque volte meno probabilità di contrarre il diabete di tipo 1 più avanti nella vita.
La Finlandia, dove la produzione naturale di vitamina D viene interrotta per lunghi periodi, era il luogo ideale per studiare i molteplici ruoli di questo nutriente, osserva John White.
Nell’ambito dello studio McGill, gli scienziati hanno condotto test su topi incapaci di produrre vitamina D per esaminare gli effetti di questa carenza sul timo: utilizzando analisi cellulari e sequenziamento dei geni, hanno potuto vedere le ripercussioni sul sistema immunitario.
Negli studi futuri, il professor White prevede di analizzare gli effetti della vitamina D sul timo umano – un argomento che non è stato ancora affrontato, sostiene.
Lo studio è stato finanziato dal Canadian Institutes of Health Research e dalla Canadian Genomics Enterprise.