Narrativa
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Una donna algerina di 31 anni sostiene che l'autrice franco-algerina si è ispirata alla sua vita per scrivere il suo romanzo “Houris”, basandosi sulle confidenze condivise con la sua psichiatra, moglie dello scrittore. L'editore parigino sostiene che i personaggi del libro sono “puramente di fantasia”.
Questo venerdì, 15 novembre, è stata una giornata molto ordinaria a Orano. Senza turbolenze, probabilmente, nemmeno a Parigi, per lo scrittore Kamel Daoud, fresco di premio Goncourt per il suo romanzo Oresulla violenza del decennio nero. Una consacrazione letteraria che avrebbe potuto accomunare gli algerini. Poi, all'improvviso, un'immagine è apparsa sul canale televisivo algerino One TV.
Una donna, Saâda Arbane, 31 anni, parla, aiutata dal marito e aiutata da un dispositivo per esprimersi, frutto di un tentativo di taglio della gola. Nella sua voce rotta, riemerge una vecchia storia dell'orrore. Il suo. Il massacro di un intero villaggio a Tiaret, la perdita di tutta la sua famiglia, una bambina di sei anni con la gola mezza tagliata, data per morta, salvata miracolosamente dalla sorella maggiore che prima urlava per attirare l'attenzione dei terroristi morendo.
Ma non è il massacro quello che Saâda arriva a denunciare: è quello che lei considera un secondo trauma. Afferma di essere stata saccheggiata dalla sua storia da Kamel Daoud per alimentare la sua storia pluripremiata. La giovane non ebbe bisogno di leggere tutto il libro per riconoscere i contorni della sua vita nel destino di Aube,