Roma-Lazio, fumogeni e petardi davanti allo stadio Olimpico: la polizia usa gli idranti per fermare i tifosi – Video

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Roma, 5 gen. (Adnkronos) – Non è ipotizzabile nell’immediato una sentenza del Consiglio regionale della Sardegna sulla destituzione della presidente della Regione Alessandra Todde per presunte irregolarità nella rendicontazione delle spese elettorali. “Secondo la Corte Costituzionale (sentenza 387/1996) la questione della pronuncia della Giunta regionale sulla revoca si porrà solo quando il provvedimento diventerà ‘definitivo’”. La significativa pronuncia del Consiglio è stata segnalata dal professore ordinario di Diritto pubblico dell’Università di Roma Tor Vergata, Giovanni Guzzetta, il quale, analizzando per l’Adnkronos una vicenda intricata sia sul fronte politico che giudiziario, rileva anche che “la sentenza della Giunta regionale Il Consiglio è sempre rivedibile davanti ai tribunali”.

Pertanto, “immaginando che il presidente della Regione Sardegna impugni effettivamente l’atto, sul piano giurisdizionale i tempi non saranno brevi: la durata dei tempi si trasforma in una prolungata spada di Damocle ‘politica’ sulla Presidente e sulla sua legittimazione. E qui tutte le valutazioni di opportunità che non spetta a me far prendere in carico”.

Secondo il costituzionalista “la questione è molto complessa perché ha ovviamente risvolti politici e giuridici ma le letture appaiono molto semplificate e assertive”. “Sul piano politico – analizza – ci troviamo di fronte ad un’ordinanza-ingiunzione che contesta gravi violazioni della normativa in materia di spese elettorali e relativa rendicontazione. In base alla normativa vigente applicabile anche alla Regione Sardegna, all’accertamento di tali violazioni consegue anche la sanzione accessoria della decadenza, in quanto sorge una causa di ineleggibilità del consigliere regionale che si riflette sulla carica di presidente della Regione, poiché , in base alla normativa vigente ribadita dalla stessa normativa sarda, il Presidente non può non essere anche membro del consiglio regionale. Sul piano politico, la rilevanza del tema, e quindi le conseguenze in termini di opportunità, sono lasciate alle valutazioni dei soggetti interessati e al dibattito politico”.

“Sul piano giuridico, ciò che accade è che il provvedimento, immediatamente esecutivo, resta comunque un provvedimento amministrativo, pur essendo adottato da un organo particolarmente autorevole poiché è stato istituito presso la Corte d’Appello e presieduto dal Presidente della Corte di Giustizia Appello. Tale disposizione può essere impugnata dinanzi al giudice ordinario, al quale spetta anche decidere se sospenderne o meno l’esecutività. Secondo la Corte Costituzionale (sentenza 387/1996) la questione della pronuncia della Giunta regionale sulla revoca è aperta. sorgerà quando il provvedimento diviene “definitivo” (ossia una volta esauriti i gradi di impugnazione dell’ordinanza ovvero, in mancanza di tale ricorso, entro 30 giorni dall’adozione del provvedimento). costituzionale, sembrerebbe quindi che fino a quel momento il Consiglio non possa esprimersi, anche qualora il provvedimento del Consiglio regionale di garanzia restasse esecutivo”.

Guzzetta osserva che «in questa prospettiva, immaginando che il presidente della Regione Sardegna impugni effettivamente l’atto, bisognerà attendere i diversi gradi di giudizio e potrebbero trascorrere mesi. Quando il provvedimento, confermato dai giudici, diventerà effettivamente definitivo, spetterebbe al Consiglio regionale dichiararne la decadenza. C’è molta confusione sui poteri del Consiglio in questa materia, perché si tende a ragionare in modo simile a quanto vale per le Camere. Ma esiste una differenza costituzionale fondamentale e la Costituzione riserva esclusivamente ad essi la valutazione della decadenza. Lo stesso principio non si applica ai consigli regionali, le cui deliberazioni sono impugnabili davanti al giudice ordinario secondo i principi generali che vigono in materia, ribaditi anche dalla stessa legge statutaria. della Regione Sardegna 2007 articolo 26 comma 9. Ciò significa che i margini di valutazione del Consiglio regionale sono comunque più ristretti, perché le sue scelte sono soggette a controllo nel rispetto delle norme sulla decadenza”.

“Il controllo del Consiglio regionale, quindi, è vincolato dal quadro normativo e non può essere considerato politicamente libero. Ciò non significa che il suo voto sia una formalità (si possono riscontrare vizi procedurali, ad esempio), ma certo la valutazione non è mera politica. Né la legge ordinaria potrebbe riconoscere ai consigli regionali quella garanzia di insindacabilità degli atti che la Costituzione assicura alle Camere – sottolinea il professore di Tor Vergata – Ciò vale anche per tutti i casi in cui i consigli regionali accertino cause di decadenza. Le dichiarazioni di decadenza sono impugnabili davanti al giudice ordinario. Al più, conflitti di attribuzione tra Regione e autorità giudiziaria possono sorgere anche davanti alla Corte Costituzionale”.

“Sul piano giudiziario, quindi, i tempi non saranno brevi. Sul piano politico, ovviamente, il lasso di tempo si trasforma in una prolungata Spada di Damocle “politica” sul Presidente e sulla sua legittimazione. E qui entrano in gioco tutte le valutazioni di opportunità che non spetta a me fare”, conclude il costituzionalista. (di Roberta Lanzara)

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