“La sfida è ammettere che la salvezza non viene mai dal potere, ma solo dalla negoziazione”

“La sfida è ammettere che la salvezza non viene mai dal potere, ma solo dalla negoziazione”
“La sfida è ammettere che la salvezza non viene mai dal potere, ma solo dalla negoziazione”
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Dda allora, non il 7 ottobre che ci ha spaventati tutti, ma la reazione israeliana molto rapida e sproporzionata, l’ebraismo, non solo francese ma internazionale, è stato dilaniato come mai prima d’ora. La divisione non è affatto tra ebrei secolari ed ebrei religiosi, tra ebrei assimilati ed ebrei comunitari, ancor meno tra ashkenaziti e sefarditi, ma tra quello che potremmo chiamare un giudaismo posizionale – che comprende ebrei assimilati, ultraortodossi, sionisti e anti-ebraici. Sionisti, ebrei ricchi ed ebrei poveri – e un giudaismo basato sull’identità, che ha quasi le stesse componenti tranne gli antisionisti.

Per il primo, il dovere primordiale di ogni ebreo, frutto di duemila anni di oppressione con la Shoah al culmine, è quello di essere in prima linea per difendere qualsiasi minoranza senza eccezioni, compresi quindi coloro che vorrebbero farci del male. male, che si troverebbe in un momento della sua storia nella posizione che gli ebrei sperimentarono nella loro.

Per il secondo, il primo dovere di ogni ebreo è quello di sostenere incondizionatamente il proprio popolo e innanzitutto Israele. Per gli ebrei posizionali, sostenere i palestinesi quando si è ebrei non è una questione di buona anima e di superiorità morale, ma una questione di realtà meglio compresa, compreso l’interesse stesso degli ebrei come minoranza. Per gli ebrei basati sull’identità è il contrario: è meglio convivere con la destra e l’estrema destra israeliane che con i palestinesi.

Una risposta senza limiti

Per l’ebraismo posizionale al quale credo di appartenere non c’è ancora nulla che ricordi le terribili stragi del 7 ottobre 2023. La cosa principale sta ovviamente nell’avverbio “ancora”. Un giorno, forse, saremo in grado di giudicare con calma questa operazione di Hamas, che è allo stesso tempo mostruosa e straordinariamente organizzata, e poi proveremo a pensare alle morti innocenti e alle morti colpevoli che ne hanno pagato il prezzo.

Ma la sequenza aperta dalla risposta illimitata del governo israeliano rende oggi ogni tentativo di questo tipo osceno e vano: senza dubbio gli ostaggi sono ancora vivi nei tunnel di Hamas, i responsabili gazawi del colossale attentato non sono ancora stati ritrovati, così come i responsabili della cattiva gestione della sicurezza israeliana non sono stati ancora processati e, per alcuni, sono addirittura ancora al potere, e la guerra e la distruzione che continuano a Gaza sono sul punto di estendersi al Libano, alla Siria, allo Yemen, all’Iran – in breve, c’è Sono ancora troppe le cose che accadono come se nulla fosse successo per poter valutare seriamente cosa sia realmente accaduto.

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