Bruno Retailleau avrà l’ultima parola?

Bruno Retailleau avrà l’ultima parola?
Bruno Retailleau avrà l’ultima parola?
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È ovunque e parla molto. Il ministro dell’Interno vuole che lo ascoltiamo. Con lui c’è ordine, ordine e ancora ordine: sicurezza nel Paese e immigrazione ridotta al minimo. Chiede molta meno regolarizzazione, molte più espulsioni, la generalizzazione della doppia minaccia, la fine dell’assistenza sanitaria statale, un referendum sull’immigrazione.

Al centro del suo progetto ci sono sempre la legge, la Costituzione, i trattati europei, individuati, fino a queste parole, due giorni fa, su Le Journal du Dimanche: “Lo Stato di diritto non è intangibile, né sacro (…) La fonte dello Stato di diritto è la democrazia, è il popolo sovrano“. Riassumiamo: da un lato, le persone che vogliono agire; dall’altro i testi e i giudici, che prevenirlo agire.

Sgomento a sinistra, ma anche tra i soci di Bruno Retailleau. Non tutti, ma alcuni, a Modem e nel campo presidenziale: Elisabeth Borne, in particolare, e Yaël Braun-Pivet. Il presidente dell’Assemblea nazionale ha detto:molto preoccupato“:”Lo Stato di diritto è ciò che protegge la nostra democrazia, è ciò che protegge tutti i cittadini del nostro Paese“.

La pressione è quindi massima all’interno della nuova alleanza, poco prima della dichiarazione di politica generale. Questo pomeriggio, alle 15, dell’Assemblea, salirà sul podio il Primo Ministro Michel Barnier. La visione di Bruno Retailleau è la sua?

Una linea politica…

Ma chi può essere sorpreso? Il campo presidenziale conosce bene l’ex senatore della Vandea. È con lui, e con Éric Ciotti, che ha negoziato l’ultima legge sull’immigrazione. Bruno Retailleau è coerente. Non è cambiato. All’inizio dell’anno, quando il Consiglio Costituzionale censurò un terzo di questa legge, il senatore già denunciava “una negazione del potere del Parlamento“. Allora Laurent Wauquiez parlò di “un colpo di stato legale“, Éric Ciotti, d’”una presa di posizione democratica“, e Giordano Bardella d’”un colpo di stato da parte dei giudici“.

Bruno Retailleau aveva questa visione. Ce l’ha ancora. Solo che oggi… non è più all’opposizione. È ministro dell’Interno. Quando dice queste parole, sta impegnando il governo, compreso il Ministro della Giustizia, compreso il Primo Ministro? È l’inizio di un braccio di ferro tra l’esecutivo e i giudici, il Consiglio costituzionale, la Corte europea dei diritti dell’uomo?

…e una questione di principio

Bruno Retailleau vuole una politica migratoria diversa. Come tutti, anche lui è rimasto scioccato dall’omicidio della giovane filippina, avvenuto pochi giorni fa. Il sospettato di questo delitto è marocchino. Aveva l’obbligo di lasciare il territorio. Era già stato condannato per stupro. Ha dovuto essere espulso. Le leggi sull’immigrazione si accumulano e si accumulano – una ogni due anni, in media. Ogni ministro dell’Interno promette di cambiare tutto. Con quale risultato? Una legge diventata illeggibile, talvolta inapplicabile, e una giurisprudenza su cui si può discutere.

Ma questa è un’altra cosa. Bruno Retailleau non si limita ad attaccare il contenuto delle leggi, comprese quelle per cui ha votato. Critica lo Stato di diritto. Sa cosa significa: la gerarchia delle norme, l’intero sistema giudiziario, l’indipendenza della giustizia. Lo ha ricordato, del resto, in Le Giornale della domenica. Ma allora perché usare queste parole?

La risposta forse sta altrove, in un ex ministro dell’Interno, che è stato anche presidente della Repubblica. Nicolas Sarkozy applaude le ultime dichiarazioni di Bruno Retailleau: “Non possiamo soddisfare Place Beauvau e Place Vendôme allo stesso tempo“. In altre parole, Interno e Giustizia. Sì, possiamo. Dobbiamo, addirittura. È il principio dello Stato: la forza et giustizia, insieme.

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