E se le iniziative faro del Regno, come Intelelka o Forsa, rientravano in una logica generale e riguardavano quasi tutte le frange della società, oggi il bisogno è nelle zone rurali, dove i posti di lavoro crollano a decine di migliaia. Perché, dopo sette anni di siccità, il rischio di un esodo massiccio delle popolazioni rurali diventa una realtà plausibile, mentre le nostre grandi città stanno già lottando per generare sufficienti opportunità per le loro popolazioni.
In questo contesto, e come il CESE, il CSMD e altri gruppi di riflessione, l’Alleanza degli economisti istiqlaliani (AEI), forza propositiva del Balance Party, ha raccomandato lo scorso luglio la creazione di fondi di investimento regionali, che offrirebbero servizi di incubazione a giovani imprenditori, garantendo loro tutoraggio per trasformare le loro idee in progetti concreti. Una raccomandazione ovvia, ma che, tuttavia, non trova eco favorevole, sullo sfondo di una liquidità statale sotto pressione. Ma ricordiamo che durante il culmine della crisi del Covid-19, quando regnava l’incertezza, il regno, con un’iniziativa senza precedenti, ha istituito un fondo speciale e una serie di programmi volti a rafforzare l’immunità del tessuto economico in modo da preservare posti di lavoro ed evitare l’anarchia sociale. Queste misure non solo hanno permesso al Marocco di posizionarsi come riferimento mondiale, ma hanno anche tessuto un legame di fiducia tra lo Stato e i marocchini. È questo legame che oggi dovrebbe essere consolidato da un nuovo programma di lavoro autonomo, anche a costo di un ulteriore sforzo finanziario statale. Perché, in fondo, la fiducia di un popolo non ha prezzo.