“La saga di “Star Wars” rimane viva perché si è sempre rivolta ai giovani, compresi quelli che vivono ancora dentro di noi”

“La saga di “Star Wars” rimane viva perché si è sempre rivolta ai giovani, compresi quelli che vivono ancora dentro di noi”
“La saga di “Star Wars” rimane viva perché si è sempre rivolta ai giovani, compresi quelli che vivono ancora dentro di noi”
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George Lucas, a Cannes, il 24 maggio 2024.

George Lucas, a Cannes, il 24 maggio 2024. STÉPHANE MAHÉ/REUTERS

George Lucas ha compiuto 80 anni il 14 maggio. Lui è il creatore, con Guerre stellarida una delle mitologie più popolari del 20°e secolo, l’inventore del franchising indiana Jones, allo stesso tempo un imprenditore visionario nella padronanza del merchandising e delle nuove tecnologie. Quest’uomo discreto e di notorietà mondiale, di cui abbiamo perso di vista il fatto che in gioventù era un fanatico del cinema sperimentale, viene a ritirare, venerdì 24 maggio a Cannes, tempio del cinema d’autore, una palma d’onore che, senza onore, passerebbe riguardo a lui per un simpatico ninnolo.

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Naturalmente affabile, il regista, d’accordo con l’organizzazione di Cannes, ci concede diciassette minuti con l’orologio in mano per porre le centouno domande che ci fanno prudere le labbra. Tutto questo sotto la supervisione di sua moglie, Mellody Hobson, che con discrezione si assicura che nulla vada storto. Questa formula contemporanea di scambio cinefilo, che sta al calore e alla sorpresa dell’incontro come un moncone sta a un braccio, deve ancora, in questo luogo dove la legge della domanda e dell’offerta si rivela spietata, essere considerata un privilegio?

Ciao George Lucas e buon compleanno! A 80 anni pensi di aver finalmente raggiunto la saggezza del Maestro Yoda?

Per niente ! Mia moglie qui è molto più giovane e molto più saggia di me. Nonostante abbia 400 anni, non ho ancora capito come funziona!

In questo caso, c’è un personaggio della tua saga a cui ti sei sentito particolarmente legato?

Quando creiamo personaggi, li amiamo tutti. Sono come i tuoi figli. Tutti diversi, ma tutti amabili per me e tutti unici.

L’universo immaginario che hai creato evoca l’antica lotta del bene contro il male. Quando guardi allo stato del mondo oggi, a cominciare dagli Stati Uniti, in che direzione ti sembra che si inclini la Forza?

Quando ho iniziato a scrivere la sceneggiatura del primo Guerre stellari, l’idea era di scrivere per bambini di 12 anni che sarebbero diventati adulti. Si trattava di dare loro una direzione, perché a quell’età non sai cosa vuoi nella vita. Parlare di cosa significa essere amici, essere responsabili, essere umani. Tuttavia, negli anni ’70, il cinema negli Stati Uniti era molto nero. Eravamo nel pieno della lotta per i diritti civili, c’era la guerra del Vietnam, pensavamo di vincerla, e in verità era un pantano terribile, sotto ogni aspetto.

Questo è ciò che rappresentavano gli Ewok nel mio film: un popolo semplice, dotato di una tecnologia rudimentale, ma che teneva sotto controllo l’Impero. La situazione allora era probabilmente più cupa di oggi. E quello che volevo dire è che nella prova più oscura che viviamo, dobbiamo mantenere la fede, cercare di essere ispirati. Quando ero più giovane, ho studiato antropologia all’università, e penso che mi sia rimasta questa idea che raccontare storie, cercare di dare un senso a ciò che viviamo elevando le menti, fondare un sistema di credenze, è fondamentale in ogni società. E sappiamo a questo proposito, solo entrando in una chiesa cattolica, che un’immagine vale più di cento parole.

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