Lettera del giorno –
Non esiste un “Diktat” dell’UE
Una riflessione sul rapporto tra la Svizzera e l’Unione Europea.
Lettere dei lettori
Pubblicato oggi alle 7:47
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Ginevra, 2 gennaio
All’inizio di quest’anno, so che non mi farò degli amici e addirittura che perderò “amici”. Ma affermare le proprie convinzioni mi sembra un diritto inalienabile. Quindi sì, sono favorevole a relazioni pacifiche con l’Unione Europea (UE). Per me, il buon senso, le realtà economiche e la nostra posizione geografica nel cuore dell’Europa sono a favore di relazioni strette e costruttive tra la Svizzera e l’Unione europea, anche se l’UE è lungi dall’essere perfetta […].
La mia convinzione si è rafforzata da quando soggiorno regolarmente in un paese dell’Europa centrale, la Polonia. Ho misurato quotidianamente l’aspetto benefico dell’adesione di questo Paese all’UE, che ha costituito una reale tutela e un gradito sostegno per i sostenitori dello Stato di diritto che, dal 2015 al 2023, hanno lottato per far sentire la propria voce sulle rive del la Vistola al tempo del potere nazionalista e populista. La guerra che dura da tre anni non lontano dal confine polacco ha rafforzato la mia convinzione. Tornando ai rapporti tra UE e Svizzera, non vedo traccia di “Diktat”.
Quando sei membro di un club, ne accetti le regole, soprattutto perché i membri di questo club hanno scelto liberamente di farne parte. La Svizzera non fa parte del club e non vuole farne parte. Di quale atto. D’altro canto, la Svizzera apprezza la possibilità di accedere alla maggior parte dei vantaggi dei membri del club senza esserne membri e i membri del club sono molto felici di avere la Svizzera a portata di mano. Questo è ciò che chiamiamo realpolitik. Ricordo anche ai miei amici ginevrini e non solo, che sostengono “che i rappresentanti eletti a Bruxelles non hanno alcuna legittimità democratica”, che essi sono tuttavia eletti regolarmente dai cittadini dei paesi membri dell’Unione in occasione delle elezioni europee. […]
D’altro canto, su un punto sono d’accordo con i miei amici “euroscettici”; la burocrazia di Bruxelles è troppo pesante […] e la distribuzione dei poteri è troppo poco chiara. Mi dico che siamo molto lontani dal tempo in cui i negoziatori svizzeri a Parigi, Vienna o Torino avevano una statura internazionale riconosciuta e si chiamavano Charles Pictet de Rochemont o Jean-Gabriel Eynard, o, più vicino a noi, a Washington dopo la Seconda Guerra Mondiale. Guerra Mondiale, Walter Stucki o William Rappard. Personalità di questo calibro e carisma ci sarebbero molto utili oggi.
Claudio Bonard
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