il massacro della macchia mediterranea di Saint-Sauvant a Vienne

il massacro della macchia mediterranea di Saint-Sauvant a Vienne
il massacro della macchia mediterranea di Saint-Sauvant a Vienne
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Dopo la liberazione del campo di Rouillé, nella notte tra il 10 e l’11 giugno 1944, nella foresta di Saint-Sauvant si formò una macchia FTPF, agli ordini di Marcel Papineau (“Capitano Bernard”). È composto dai liberati dal campo, dai resistenti al Servizio di Lavoro Obbligatorio (STO) e dai fuggitivi dell’Hôtel-Dieu di Poitiers. La sede è stabilita presso la fattoria Branlerie, sperduta nel cuore della foresta demaniale e abbandonata.

Le forze di occupazione, preoccupate per la minaccia rappresentata da questa macchia sugli assi strategici per le truppe tedesche dirette in Normandia, hanno lanciato una vasta operazione di intelligence. La Gestapo, gli agenti della polizia francese del Sap (Sezione Affari Politici) e i miliziani stanno conducendo un’indagine tra le persone nei bar, nei ristoranti e negli alberghi. Viaggiano attraverso villaggi e frazioni per scoprire dove si nascondono i combattenti della resistenza e identificarne i leader. Piccoli aerei leggeri volano a bassissima quota sulle campagne e sui boschi per sorprendere ogni movimento di gruppi di persone.

Una “caccia all’uomo” di prima mattina

Il 27 giugno, alle 6 del mattino, la foresta fu circondata da 2.000 uomini appartenenti agli 80e Il corpo d’armata del generale Curt Gallenkamp e la “sezione rapida 608” responsabile della sicurezza delle comunicazioni. Sono guidati da membri della Gestapo e miliziani. Le strade e gli incroci sono monitorati e vietati. Le case dei villaggi compresi nella zona di accerchiamento sono state perquisite, i loro abitanti interrogati e detenuti sul posto (alcuni sono stati deportati).

L’operazione è stata lanciata alle 7 del mattino e il capitano Bernard è stato ucciso a colpi di arma da fuoco mentre cercava di aiutare i suoi compagni. Alle 9 del mattino la battaglia era finita. La fattoria Branlerie, abbandonata dai suoi occupanti, viene data alle fiamme e inizia la “caccia all’uomo”.

Cinque combattenti della resistenza furono uccisi durante i combattimenti o morirono durante il successivo rastrellamento della foresta. Venticinque combattenti della resistenza furono catturati mentre cercavano di fuggire o dovettero arrendersi.

I corpi dei cinque guerriglieri uccisi furono trasportati al quartier generale delle forze tedesche all’incrocio di Vauleton, così come quelli dei venticinque guerriglieri fatti prigionieri. A questi ultimi, secondo gli ordini del comando tedesco, non è riconosciuto lo status di prigioniero di guerra; dopo essere stati maltrattati, vengono giustiziati nel tardo pomeriggio.

Al termine di questa tragica giornata, l’ufficiale tedesco, al comando delle truppe, convocò il sindaco di Celle-Lévescault per ordinargli di seppellire i morti. Ha poi invitato i sindaci dei comuni vicini di Lusignan e Saint-Sauvant a distribuire i trenta corpi. Il cimitero di Celle-Lévescault ne accoglie tredici, quello di Lusignan otto e quello di Saint-Sauvant nove.

Nel 1946 fu eretto a Vauleton un monumento “in memoria dei gloriosi soldati senza uniforme che vi caddero il 27 giugno 1944 per la pace e la libertà”. Sulla targa commemorativa sono iscritti i 31 nomi dei caduti, seguiti dalle parole “massacrati dai nazisti, questi patrioti di sei nazionalità morirono per la Francia e la libertà”.

Dal giugno 1944 al maggio 1945

Professore emerito dell’Università di Poitiers e membro della Resistenza, internamento, deportazione di Vienne (VRID), Jean-Marie Augustin scrive sul nostro giornale una cronaca degli eventi che hanno segnato l’anno della Liberazione di Vienne, tra il 6 giugno 1944 e la fine del maggio 1945.

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