Una poltrona per l’orchestra – Il sito di recensioni teatrali parigine » Il Festival delle Mutande, di e con Mickaël Délis, al Théâtre de la Reine Blanche

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09 maggio 2024 |
Commenti chiusi sul Festival delle Mutande, di e con Mickaël Délis, al Théâtre de la Reine Blanche

©Marie Charbonnier

ss articolo da Denis Sanglard

A volte è un peccato concentrarsi solo sul titolo di un’opera, per quanto goffo possa essere, oscurandone così il contenuto che è molto meglio del suo annuncio. La festa dell’intimo, stemma un po’ rauco, è tuttavia una creazione di bella acutezza, di un’intelligenza abrasiva anche nella scrittura intrisa di umorismo corrosivo, e il cui argomento si rivela più che attuale al momento del ritorno in forza del mascolinismo, dei suoi colpi , reazione di uomini preoccupati, che perdono l’orientamento e l’autorità di fronte alle questioni sia di genere che alla messa in discussione del patriarcato, dove le parole delle donne a partire dal #metoo sono ora libere, denunciando la violenza sessista e sessuale, e l’intollerabile malevolenza che accompagna Esso. Omosessuale ancora, ma è senza dubbio una questione di generazione e di ambiente, Mickaël Délis non si è sottratto a questa ingiunzione imperativa e culturale di performance e godimento senza ostacoli, che definisce un po’ patologica. La festa dell’intimo non esprime altro che il disordine di una sconfitta liberatrice, una salutare messa in discussione dell’onnipotente pene erettile (e dei suoi vanagloriosi centimetri come scala di valori) che obbliga la prestazione fino alla nevrosi, la compulsione alla saturazione, la perfezione al controllo. In altre parole, sono duro quindi lo sono. Mickaël Délis fa del suo membro iperattivo, e del rapporto privilegiato che intrattiene con esso, il centro del mondo, si gira mentre guardiamo il suo ombelico, mettendo in discussione questa ricerca performativa che l’attività sessuale compulsiva e ossessiva denuncia per volersi finalmente liberare da Esso. Non facile, la strada è ardua, ripida e talvolta dolorosa come un gallo eretto sotto il Viagra.

Su questa strada verso Damasco sono affollati sua madre, suo padre, il suo fratello gemello, il suo agente, il suo defunto psicologo, le sue ex, un centro per le dipendenze sessuali, l’ospedale pubblico e i suoi medici, e persino il direttore Jean-François Sivadier, quest’ultimo che punta lucidamente il dito sul nocciolo del problema di Mickaël Délis e provoca un’esplosione con questo schiaffo violento, sono tutte domande, ostacoli e risposte in questa ricerca di una mascolinità disintossicata, disinibita e liberata dalle sue palle ingombranti, il che non significa essere evirati, la questione se averli o meno non è più rilevante.

Ritratti incisivi, disegnati con molto umorismo, anche di tenera vigliaccheria (sua madre castratrice, indicibile), a volte di tenerezza sopraffatta (suo padre, malato terminale), o anche di autorità scientifica a garanzia, tante reazioni o obiezioni che di lui e il suo rapporto conflittuale con il suo pene dipingono un ritratto frammentato ma con una costante e una rivelazione, essendo solo la riproduzione e il prodotto di un ordine sociale e familiare, di un ambiente (la comunità omosessuale n’ sfugge a questa ingiunzione ma per altri motivi , essendoci stato l’HIV), un disastro insomma, dove il genere non essendo altro che una costruzione non ha più nulla a che fare con il sesso biologico ti lascia da parte. La turgida arroganza che risiede simbolicamente e inconsciamente nel pene eretto di qualunque maschio normalmente costituito è solo il sintomo di un sistema malato e corrotto, dove l’appendice maschile condizionata fin dall’infanzia, rinforzata nell’adolescenza dall’industria pornografica permetterebbe il peggio del suo macho e retorica bellicosa. Ma basta un inaspettato sottoperformamento, la fuga vergognosa e temuta, e le braccia semplicemente aperte senza a priori per rendersi conto che sì, la semplice tenerezza può essere un antidoto e che una bandiera ammainata a tradimento non impedisce in alcun modo di amare ed essere amati. In questa raffinata messa in scena che libera il soggetto, sapientemente illuminata da qualche neon per la scenografia, Mickaël Délis si spoglia nudo e senza mai togliersi la tuta, fa un po’ il bastardino con l’immodestia e la (relativa) scabrosità delle sue confessioni ma con il sale e il pepe di un umorismo che non cancella mai la serietà di una riflessione rilevante, molto più ampia di questo soliloquio egocentrico attorno al suo pene e alle sue performance. Calcia nelle parti del patriarcato, La festa dell’intimo è soprattutto la storia di una sbornia e di un domani disorganizzato.

©Marie Charbonnier

La festa dell’intimo, scrittura, interpretazione e co-regia di Mickaël Délis

Co-registi: Papy de Trappes, Vladimir Perrin, David Délis

Consulente coreografico: Clément Le Disquay

Progetto illuminotecnico: Jago Axworthy

Collaborazione alla scrittura: Romain Compingt

Dall’8 maggio al 14 giugno 2024 alle 21:00

Mercoledì e venerdì, domenica alle 18:00.

Teatro della Regina Bianca

Vicolo passaggio 2bis

75018 Parigi

Prenotazioni: www.reineblanche.com

Tour:

3/21 luglio, Festival di Avignone, Avignon Reine Blanche alle 21:45

Come parte di un dittico con Il primo sessonello stesso giorno alle 20:15

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